Croazia, il mistero dei buchi neri del sisma

Le voragini nel terreno si stanno allargando. Anche geologi e sismologi ne sanno poco. Le ancestrali paure della gente

ZAGABRIA Se per i sismologi e i geologi il susseguirsi di scosse che tormenta ancora la gente di Petrinja e Sisak dopo quella terribile del 29 dicembre scorso che ha causato distruzione e morte nella regione, è facilmente identificabile nel fenomeno dello sciame sismico che segue solitamente la scossa più violenta, resta ancora un enigma invece la questione delle voragini che si sono aperte lungo una sorta di linea di faglia. Sono una trentina in tutto quelle scoperte che con il susseguirsi delle scosse si stanno allargando. Crateri che sembrano buchi lasciate dall’esplosione di granate, quasi fantasmi replicanti di quella guerra che ha insanguinato queste terre 30 anni or sono quando ci si iniziò a sparare tra vicini di casa, serbi e croati, fratelli nel comunismo prima, nemici giurati nel turbonazionalismo di Tudjman e Milošević.

L’acqua all’interno di questi buchi neri sismici è fangosa, quindi non si sa quanto siano profondi, e fino a quando non si sa con certezza che il loro “movimento” si arresterà è pericoloso avvicinarsi e quindi non è possibile misurarle. I geologi che esplorano l’area dicono che non dovrebbero più ampliarsi di molto, ma fino a quando non saranno esplorati completamente rimangono un mistero. Secondo il geologo Tvrtko Korbar, che sta studiando il fenomeno, poiché si tratta di faglie cristalline profonde, è probabilmente un afflusso di fluidi ricchi di vari gas corrosivi dalle profondità, che promuove la corrosione del calcare e il luogo in cui si sono formati i fori si trova su roccia calcarea. Il sisma ha provocato il movimento delle ali di faglia causando la diffusione del calcare per fusione che si traduce nel collasso della terra. «È un fenomeno molto specifico di cui sappiamo poco – ha detto Korbar al quotidiano Jutarnji list di Zagabria – è presente nella letteratura scientifica e professionale, ma l’aspetto stesso a Mečenčani, la zona che mi è molto nota dai tempi della guerra, è geologicamente inaspettato. Nessuno può sapere cosa ci sia sotto i cinque-sei metri di terra».

Al di là del mistero dei buchi che serve ad aumentare le paure della popolazione già stremata psicologicamente e fisicamente, da segnalare il grido di dolore che giunge dal sindaco di Sisak, Kristina Ikić Baniček: «I ministeri coinvolti negli aiuti dovrebbero essere trasferiti a Sisak, Petrinja o Glina – dice – al fine di gestire meglio questa crisi». «È difficile – conclude – vedere cosa sta succedendo dall’ufficio di Zagabria». La situazione in tutta l’area resta molto critica anche per il meteo, peggiorato negli ultimi giorni con neve e gelo. Il flusso di aiuti è incessante, ma tanti sfollati preferiscono non allontanarsi dalle loro case rese inagibili e continuano a dormire nelle auto. Ieri dall’Italia è partita per la Croazia una missione di specialisti, i cosiddetti Caschi blu della cultura, che avranno il compito di verificare i danni subiti dal patrimonio culturale croato e assistere i responsabili locali nell’opera di ripristino. –

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