Croazia, giù il numero dei contagi. Prime riaperture in Slovenia
BELGRADO Alcuni timidi segnali positivi, dopo settimane di sofferenza, in contemporanea con l’arrivo delle prime dosi di vaccino. Sono quelli registrati in Slovenia e soprattutto in Croazia, dove alcuni indizi - subito annotati dalle autorità - suggeriscono che la situazione epidemiologica stia andando verso un miglioramento. O si sia quantomeno stabilizzata negli ultimi giorni.
A poter tirare un relativo sospiro di sollievo è in particolare la Croazia, dove il numero dei casi attualmente positivi è sceso in maniera assai consistente, dai 25mila del 12 dicembre fino a poco più di 8mila di ieri, risultato di un generale calo dei nuovi contagi giornalieri in particolare nell’ultima settimana. In ospedale i pazienti ricoverati sono ora poco più di 2.700 con 256 in terapia intensiva, cifra in netto calo rispetto agli oltre 300 di una decina di giorni fa. Dal 22 al 28 dicembre «abbiamo registrato un 48% in meno di nuovi infetti», ha confermato ieri il numero uno dell’Istituto croato di salute pubblica (Hzjz), Krunoslav Capak, che ha informato che l’incidenza dei contagi su 100mila abitanti nelle ultime due settimane è scesa a 710, un dato ancora significativo ma in diminuzione. Dato a cui contribuiscono i nuovi positivi annunciati ieri, solo 618 su circa 3.600 testati, anche se i decessi rimangono tanti (58).
Si tratta di numeri che permettono di sperare in una mitigazione delle misure restrittive. Lo ha suggerito il ministro della Salute croato, Vili Beros, che ha evocato la possibile abolizione delle “e-propusnice”, i lasciapassare elettronici che permettono di lasciare la propria regione di residenza, a partire dal 10 gennaio. Ma tutto dipende ovviamente dal senso di responsabilità e dai conseguenti comportamenti della popolazione, ha ammonito il ministro, che si è detto però fiducioso che la flessione dei contagi continuerà anche nelle prossime settimane.
I segnali positivi sono intanto visibili, anche se in modo assai meno marcato, in Slovenia, dove è stata registrata una diminuzione degli ospedalizzati, scesi dai 1.324 di un mese fa fino ai 1.221 di ieri, anche se le terapie intensive rimangono sempre sopra quota 200, mentre i casi attualmente positivi sono scesi fino a 18.540 dagli oltre 20 mila di fine novembre. Domenica i casi di positività sono stati 517, 30 i decessi. Deboli miglioramenti che giustificano alcuni allentamenti nelle misure restrittive decise dalle autorità. Da ieri e fino al 4 gennaio hanno così ricevuto luce verde alla riapertura, nel rispetto di distanziamento e uso delle mascherine, «mercati, parrucchieri ed edicole», ha stabilito il governo con un decreto, che ha però mantenuto la validità dello stop a tutti gli altri negozi e servizi non essenziali.
In Slovenia intanto è proseguita ieri come da programma la campagna vaccinale, con ottomila anziani che hanno ricevuto la prima dose, altre settemila dosi attese nel Paese entro la fine del 2020 e circa 16 mila a settimana a gennaio.
Ma ci sono anche polemiche, in particolare sui tamponi, dopo che Lubiana ha fatto trapelare di voler sottoporre a esami a test a tappeto anche insegnanti ed educatori, in vista di una possibile riapertura, dopo il 4 gennaio, degli asili e del primo ciclo delle scuole primarie, sempre che la situazione epidemiologica lo consenta. Ma per il sindacato Sviz si tratta di una misura «arrogante, con un rappresentante del governo», il portavoce Kacin, che ha intimato «agli insegnanti e agli educatori di sottoporsi al test il 3 gennaio», una domenica, in caso contrario «non potranno andare al lavoro l’indomani». Intanto oggi sarà al vaglio del Parlamento di Lubiana il settimo pacchetto economico anti-crisi, un altro tesoretto da oltre mezzo miliardo di euro per sostenere l’economia azzoppata dalla pandemia. —
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