Croazia, gelo fra presidente e ambasciatori
ZAGABRIA. Disagio, preoccupazione ma anche una ferma volontà di condannare la deriva nazionalista in corso. Il clima che si respira tra i diplomatici europei di stanza a Zagabria non è più rilassato come un tempo. Da quando il nuovo ministro della Cultura, il controverso storico Zlatko Hasanbegovic, ha assunto la carica un paio di mesi fa, le cancellerie europee hanno registrato un flusso senza fine di dichiarazioni revisioniste, liberticide o apertamente filonaziste, che hanno reso il lavoro di ambasciatori e attachés culturali decisamente più complicato. Di fronte alla soppressione dei fondi pubblici per i media no-profit, all'azzeramento dei vertici della Tv statale, e da ultimo alla rottura tra governo e comunità ebraiche sulle commemorazioni delle vittime al campo di concentramento di Jasenovac, le delegazioni europee a Zagabria hanno reagito in modo eterogeneo, ma dando prova di una generale distanza e freddezza nei confronti del nuovo ministro e del suo comportamento.
L'ultimo atto, che conferma il crescente coinvolgimento delle ambasciate europee in quella che pare delinearsi come una battaglia culturale per la libertà di espressione e in difesa dei valori dell'Ue, è l'incontro tenutosi tra i rappresentanti di Austria, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Norvegia e Stati Uniti sul tema della libertà di espressione in Croazia. Un dibattito informale, di cui hanno hanno comunicato gli stessi ambasciatori via Twitter, ma che ha infastidito la presidente croata Kolinda Grabar-Kitarovic al punto da indurla a intervenire da Bratislava, dove si trovava in visita ufficiale. «Gli ambasciatori esteri non possono e non devono interferire nelle questioni interne dello Stato in cui si trovano», ha dichiarato il capo di Stato, senza peraltro impensierire i dignitari europei. «Sono convinto che Grabar-Kitarovi„ condivide il nostro impegno a promuovere la libertà di stampa ovunque nel mondo», ha commentato senza scomporsi, e sempre su Twitter, l'ambasciatore austriaco Andreas Wiedenhoff.
Lo stesso Wiedenhoff ha d'altronde fatto parte sabato scorso del gruppo di diplomatici che si sono recati alle commemorazioni di Jasenovac organizzate dalla comunità ebraica, in contrapposizione a quelle ufficiali del 22 aprile e con l'obiettivo di protestare contro il clima di «relativizzazione e rivitalizzazione dell'ideologia ustascia» in Croazia. Israele, Canada, Usa ma anche Francia e Germania hanno infatti inviato i loro rappresentanti a fianco della minoranza ebraica; altri paesi invece, come l'Italia, parteciperanno all'evento ufficiale presenziato, a questo punto, soltanto dal governo di Zagabria. «A questo stadio nessun paese dell'Unione europea ha, che io sappia, espresso pubblicamente la sua posizione per quanto riguarda Hasanbegovi„, ma è chiaro che alcuni Paesi sono molto preoccupati», confida un diplomatico europeo di stanza a Zagabria. A titolo personale, questo rappresentante ha espresso la seguente analisi: «Sarà probabilmente molto complicato per questi Paesi immaginare una collaborazione serena con il ministero della Cultura se una tale personalità dovesse rimanere alla sua guida. Al contrario, continueremo la nostra collaborazione con la società civile e con i diversi attori del mondo della cultura».
«Quello che questi ambasciatori stanno facendo è molto importante, perché quel che succede in Croazia oggi è un problema europeo: è un attacco alla libertà di espressione e ai valori dell'antifascismo», afferma l'attrice croata Urša Raukar, prima firmataria della petizione lanciata dal movimento "Kulturnjaci 2016" e che richiede le dimissioni di Hasanbegovi„. Ma nonostante le quasi cinquemila sottoscrizioni ottenute, il governo di Zagabria non ha ancora ceduto.
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