Crisi Ue-Russia, per Zannier la ricetta è una diplomazia "diffusa"

Il friulano segretario generale Osce: in Crimea e Donbass  i contrasti si risolvono passo dopo passo
Civili mentre attraversano il ponte distrutto di Stanytsia Luhanska
Civili mentre attraversano il ponte distrutto di Stanytsia Luhanska

È un quadro a tinte fosche quello europeo, nel quale nuove e complesse sfide attendono la comunità internazionale per allentare le pericolose tensioni che negli anni, e ancora più negli ultimi tempi, si sono accumulate nei rapporti tra l’Ovest, le ex repubbliche sovietiche del Vecchio continente e le istituzioni euroatlantiche da una parte e la Russia dall’altra.


A tracciarlo, con preoccupazione e impegno a sostenere sempre e comunque il dialogo, è Lamberto Zannier, diplomatico friulano di lungo corso, laureatosi a Trieste, la cui università gli ha poi conferito di recente anche una seconda laurea, honoris causa. E lo fa da un osservatorio privilegiato ancorché ricco di responsabilità, da segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Osce), la maggiore struttura politica regionale con 57 Stati membri. A Udine, ospite dell’Associazione culturale Mitteleuropa presieduta da Paolo Petiziol, ha tracciato la cornice nella quale le nazioni europee, l’Unione europea e la Nato si stanno muovendo, “scompostamente”, fornendo il background dell’attuale crisi eurorussa che rischia un’escalation. Zannier parla con ai suoi fianchi l’ambasciatore della Federazione russa accreditato all’Osce, Alexander Lukashevich e quello dell’Ucraina in Italia, Yevhen Perelygin.

Il segretario generale dell'Osce Lamberto Zannier
Il segretario generale dell'Osce Lamberto Zannier


«Alla fine della Guerra fredda - inizia Zannier - l’Occidente si è trovato a ragionare ancora con quella mentalità. Ciò ha comportato la mancanza di un patto strategico con Mosca. Non c’è stata alcuna inclusione e ora ne paghiamo le conseguenze».


«Unione europea e Alleanza atlantica, nel corso degli anni, non hanno dato spazio politico alla Russia e questo fattore - continua il diplomatico italiano - ha comportato un prezzo nel rapporto complessivo con la Federazione. Neppure il Consiglio Nato-Russia ha funzionato, non c’è stata una volontà cogente». Parole che trovano sponda nelle dichiarazioni dell’ambasciatore russo: «Tutti, con l’Ue, l’Osce e le nazioni coinvolte, dobbiamo trovare un modo comune di dialogare. Oggi, lo dico sinceramente, il dialogo è rotto. Ma l’Italia potrebbe avere un ruolo importante nel trovare l’approccio utile a questo traguardo, non solo a livello regionale come in questo forum».


A complicare il quadro, gli Stati baltici e quelli confinanti con la Russia, memori del tallone sovietico ma non degli innumerevoli fondi e aiuti ricevuti dall’Occidente dal dopo Guerra fredda a oggi quando si tratta di dividere il peso dei migranti, alzano la posta. Intimoriti, chiedono e ottengono sempre maggiori presenze militari Nato nell’ex cortile di casa del Cremlino. Anche italiane, in Lettonia, tra un anno.
Così il Grande Orso, che come gli stessi statisti russi dicono da secoli può essere molto mansueto ma solo se trattato con gentilezza, s’irrigidisce.


E il caso Crimea e Donbass, le regioni sotto sovranità ucraina fino al 2014 con la prima, “de facto”, indipendente e la seconda tuttora contesa a colpi di scontri armati tra separatisti filorussi, “volontari” di Mosca e governativi ucraini, ha irritato molto il “plantigrado”. Impegnato a svegliarsi dal torpore tecnologico-militare in cui era sprofondato dopo il crollo dell’Urss per riposizionarsi come potenza globale. Un ruolo che storia, geografia, estensione e ricchezze naturali gli assegnano, o perlmeno così lui certo reputa, il che non sposta di molto la questione.


E se per l’ambasciatore di Kiev a Roma quella nel Donbass ormai oltre a quella con le armi «è una guerra ibrida, cioè informatica, economica, informativa», addirittura «semantica», con la collisione «tra due direzioni e l’Ucraina che tende all’Occidente», Zannier “scende” dal quadro stategico-filosofico a quello tattico, con uno anzi due occhi puntati sul terreno. L’Osce ha una foltissima missione di osservatori disarmati che monitorano la tregua e facilitano il dialogo e la sopravvivenza delle popolazioni locali. Kiev vorrebbe il personale Osce armato ma finora l’Organizzazione è stata abile nell’evitare di cadere nella potenziale trappola che esporrebbe a ulteriori rischi i suoi uomini. «Solo affrontando punto a punto i problemi sul terreno e nell’agone internazionale - spiega - si possono fare progressi oggettivi. Cercare una soluzione “dall’alto” è oltremodo difficile». Mentre Zannier continua a tessere la trama della mediazione, i droni dell’Osce sono stati abbattuti. «Costano molto - aggiunge con un sorriso tra l’amaro e l’ironico il segretario generale - e così non li abbiamo più richiesti. La tregua regge ma non ovunque e abbiamo registrato alcuni progressi nella smilitarizzazione di alcune aree».

Osservatori della missione Osce in Ucraina
Osservatori della missione Osce in Ucraina


Anche la perdita dei velivoli senza pilota non fa dermordere l’Osce: infatti come l’ambasciatore russo, anche l’omologo di Kiev si dice convinto della necessità e dell’utilità del dialogo per la risoluzione del conflitto. Che all’Italia, a causa delle sanzioni Ue a Mosca, costa ogni anno 4,2 miliardi di euro e al Friuli Venezia Giulia circa 600 milioni.


Ma il grande assente è, ancora una volta, l’Unione europea, paradossalmente in crisi d’identità e rappresentatività ma ancora capace di esercitare attrazione verso molti apsiranti membri. E ondivaga dopo essere rimasta “orfana” degli Stati Uniti, che da anni hanno volto la loro principale attenzione allo scacchiere del Pacifico.


«Nei rapporti Europa-Russia - chiosa Zannier - dobbiamo evitare una spiralizzazione negativa. Il Vecchio Continente mostra incapacità di affrontare sfide globali quali il terrorimo e le migrazioni ma deve trovare le energie per stabilizzare almeno le sue aree più calde e i rapporti col Grande Vicino».
 

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