Crisi slovena, Bratušek si dimette
TRIESTE. Il dado è tratto. Dopo l’ennesimo incontro con i leader della coalizione di governo la premier Alenka Bratušek annuncia le sue dimissioni. Le presenterà formalmente domani nelle mani del capo dello Stato Borut Pahor (che accorcerà la sua visita a Roma al solo giorno di martedì per rimanere a Lubiana e gestire la crisi politica) e al presidente del Parlamento. «Abbiamo deciso - dichiara Bratušek al termine del summit di maggioranza svoltosi a Brdo pri Kranju - che la cosa migliore per la Slovenia è di andare quanto prima al voto, per questo lunedì rassegnerò le dimissioni».
Al suo fianco c’erano il presidente della Lista nazionale e ministro degli Interni, Gregor Virant, il presidente dei socialdemocratici Igor Lukši› e il presidente del Partito dei pensionati (Desus) e ministro degli Esteri, Karl Erjavec. Con le dimissioni della premier decadono automaticamente anche tutti gli altri ministri che rimarranno in carica solo per l’ordinaria amministrazione fino alla nascita del nuovo esecutivo.
Resta una sola e basilare preoccupazione: che qualcuno non giochi “sporco” leggi Sds (democratici di Janša, centrodestra). Subito dopo aver annunciato le proprie dimissioni, infatti, Bratušek si affretta a dire che «tenere le elezioni anticipate prima dell’estate sarebbe la cosa migliore non per Alenka Bratušek, nè per qualsiasi altro partito, neppure per quelli appena nati, né per quello che è guidato da un presidente pregiudicato (chiara e diretta l’allusione ai democratici di Janez Janša appena condannato definitivamente per corruzione in relazione all’affare “Patria”), ma per la nazione». «La prima data utile secondo i nostri calcoli - prosegue - è quella del 22 giugno, ma ora ogni decisione è nelle mani dei deputati, per questo li invito a rinunciare alla ricerca di un nuovo premier incaricato». Il timore di Bratušek e dei suoi fin qui alleati è che si cerchi di attuare quel “ribaltone” che potrebbe portare alla nascita di un governo di centrodestra, da qui l’appunto al curaro fatto nei confronti di Janša. Ricordiamo che oltre al capo dello Stato (ma Pahor ha già detto che non lo farà) a nominare un premier incaricato possono farlo i gruppi parlamentari oppure un numero di almeno 10 deputati. Se non dovesse spuntare il nome di un nuovo futuribile primo ministro il presidente della Repubblica in 30 giorni scioglie il Parlamento e indice le nuove elezioni. Il prossimo Parlamento deve essere eletto entro due mesi dallo scioglimento del precedente e le elezioni si possono tenere a 40 giorni dalla loro formalizzazione.
A questo punto viene da chiedersi che fine farà la bella Alenka. Si è dimessa dal suo partito, Slovenia positiva, dopo aver perso la corsa alla presidenza sconfitta dal sindaco di Lubiana, Zoran Jankovi„, motivo scatenante della crisi politica che ha portato alle sue dimissioni da premier. Al suo fianco sono rimasti sedici deputati perlatro anch’essi pronti a lasciare Slovenia positiva. La prorompente Bratušek fonderà un nuovo partito contribuendo così alla frammentazione politica in atto in Slovenia oppure confluirà nei duri e puri ex comunisti socialdemocratici? Il leader Sd Lukši› ne tesse pubblicamente le lodi e la indica come salvatrice della patria che stava procedendo verso il baratro socio-economico.
E se Erjavec si limita a un salomonico «abbiamo preso un decisione responsabile» il ministro degli Interni e leader della Lista nazionale Virant mette il dito nella piaga e sostiene che forse il governo è stato affossato per la sua efficace lotta contro la corruzione (ricordiamo che il sindaco Jankovi„ è invischiato in diverse indagini ed è stato anche rinviato a giudizio). Intanto la destra, per ora, gongola, leggendo i sondaggi relativi alle europee che la danno abbastanza nettamente in testa rispetto al centrosinistra.
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