Crisi industriale, sindacati divisi La protesta in piazza si sdoppia

Usb prende le distanze da Cgil, Cisl e Uil e non parteciperà al presidio di venerdì: la sigla “di base” sciopererà invece domani radunandosi poi in piazza Oberdan
Lasorte Trieste 24/10/14 - Piazza Oberdan, Sindacati, Sciopero USB
Lasorte Trieste 24/10/14 - Piazza Oberdan, Sindacati, Sciopero USB



La crisi del settore industriale si fa sentire, il mondo sindacale si divide sulle iniziative di lotta.

D’altronde non è la prima volta, era già accaduto per le manifestazioni del 1° maggio e si ripete in questa settimana, durante la quale quasi ogni giorno c’è una protesta. Usb (Unione sindacale di base) non è d’accordo con Cgil-Cisl-Uil nel valutare le difficoltà del settore manifatturiero triestino e non parteciperà al presidio indetto dalla Triplice per venerdì pomeriggio in piazza Unità: ha invece proclamato uno sciopero generale dell’industria per l’intera giornata di domani, mercoledì 13, in concomitanza con il confronto Wärtsilä/Regione/sindacati programmato alle ore 12 in Consiglio regionale. Gli scioperanti di Usb si daranno convegno in piazza Oberdan.

Nella sede Usb sangiacomina di via Ponziana il controcanto di Sasha Colautti, segretario del settore “privato”: ha spiegato che il sindacato “di base” non andrà sotto le finestre di Dipiazza, perché ritiene che le effettive responsabili della crisi siano le aziende e non il sindaco. Giudica «pretestuosamente politica» la mobilitazione contro il Comune e rileva l’assenza progettuale di Confindustria Venezia Giulia, «appiattita sulle singole imprese» in questa critica congiuntura economica. Colautti ha sottolineato come Usb voglia distinguersi dalla Triplice in questa polemica contro la governance politica del territorio: «Nel caso della Ferriera e di Flex, per esempio, la Regione è intervenuta in modo attivo. Poi vedremo i risultati».

Usb non condivide con la Triplice neanche i numeri della crisi: «Crediamo che i posti a rischio siano un migliaio, non 1500 come dicono Cgil-Cisl-Uil. E su questi mille in bilico, ben 400 riguardano le ditte appaltatrici». Perché l’appalto è la prima vittima di questa fiacchezza congiunturale: «Solo in Wärtsilä scricchiola un centinaio di posti. Psm Logistica ha tagliato 25 lavoratori su 50, EuroPromos una trentina di addetti correlati alla produzione, anche Sea Metal non se la passa bene». «Lavoratori di cui nessuno parla», denuncia l’esponente sindacale.

Colautti non risparmia comunque i rilievi al contesto politico-istituzionale, colpevole di scarsa prospettiva strategica e di poco controllo sulle risorse concesse alle aziende. Tre esempi: Ferriera, Flex, Wärtsilä. Soprattutto l’ex Grandi Motori, da oltre vent’anni in mano finnica, è obiettivo dell’attacco Usb: «Hanno ceduto due capannoni all’Interporto controllato da soggetti pubblici, dove è finito l’incasso della vendita? Mise e Regione hanno destinato alcuni milioni di euro affinché fossero utilizzati per sviluppare nuovi motori: già, però l’ibrido, studiato a Bagnoli, sarà prodotto in un altro stabilimento». Risultato? «Ormai ogni anno vengono segnalati esuberi, allora a cosa servono i denari pubblici? A mandare a casa la gente?». Colautti, con la collaborazione di Emiliano Dambrosi “rsu” alla Wärtsilä, ricorda l’ultima pagina sfogliata dai finlandesi, i 350 esuberi che toccheranno anche l’Italia e si concentreranno su Bagnoli: «Temiamo che stavolta siano i colletti bianchi del “service” a rischiare di più».

La dirigenza Usb è convinta che la sigla “di base” rappresenti la quarta forza sindacale sul territorio. A livello industriale presidia Ferriera, Wärtsilä, Insiel, Flex, Sincrotrone, le ditte appaltatrici della sanità pubblica e della metalmeccanica. Gli iscritti - secondo Colautti - sono 1400, cui se ne aggiungono 400 nel settore pubblico.

Nel vasto perimetro del “lavoro privato” rientra anche il porto, dove Usb ha ottenuto il formale riconoscimento da parte dell’Autorità, dopo la rottura con il Coordinamento lavoratori portuali. «Il porto è importante - prosegue Colautti - ma non è la panacea delle patologie sociali ed economiche triestine. Da solo non può funzionare, deve essere inserito in un modello di sviluppo che comprenda l’intero territorio».

Sulla «situazione di sofferenza» diffusa nell’habitat industriale triestino interviene infine Roberto Cosolini, ex sindaco e attuale consigliere regionale del Pd. Ha presentato un’interrogazione a risposta immediata all’attenzione dell’assessore alle Attività produttive, Sergio Bini, per chiedergli «quali azioni immediate intenda mettere in campo per contrastare il rischio di un’ulteriore deindustrializzazione». Perché - premette Cosolini - logistica e turismo non bastano a garantire sviluppo e occupazione. —



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