Crisi, in ginocchio 300 attività nel 2013
Nel 2013 a Trieste hanno cessato la loro attività 1060 realtà a fronte di 760 nuove iscrizioni alla Camera di Commercio. Un saldo negativo che si assesta a meno 300. Una “fotografia” determinata dalla situazione disastrosa del commercio al dettaglio e all' ingrosso, del comparto manifatturiero, del settore della ristorazione. Ma anche dalla resa di alcuni studi professionali che non hanno retto alla crisi. La situazione più preoccupante è senza alcun dubbio quella che investe il settore del commercio. Lo scorso anno le cessazioni sono state 329 mentre le nuove aperture 186: 143 attività in meno. E ha modo di riscontrare la gravità della situazione. Non serve andare in periferia, nei rioni meno popolati per notare il numero elevato di serrande abbassate. Le vetrine spoglie, le insegne smontate ormai hanno raggiunto anche il centro. Se non ci fossero le grandi catene del franchising a rimpiazzare chi chiude, il commercio triestino sarebbe alla frutta.
Le zone più centrali, pedonali e di maggior successo commerciale, ormai sono nelle mani dei grandi marchi, gli unici a potersi permettere gli affitti da capogiro imposti dalle compagnie assicurative e da un ristretto gruppo di privati cittadini proprietari di consistenti patrimoni immobiliari. Già nota la pesante crisi del ramo della ristorazione e dei servizi di alloggio dove le 95 nuove iscrizioni alla Camera di Commercio non sono bastate a bilanciare il pesante numero delle cessazioni pari a ben 118. Non gode di buona salute nemmeno il comparto manifatturiero. Anzi, nel 2013 a cessare la loro attività sono state 76 aziende, ad iniziarne una nuova sono state 36 società. Se ne ricava un saldo negativo di 40 realtà. Giù a picco anche il numero di attività impegnate nel ramo dei trasporti con bilancio annuale negativo di 15 unità. A segnare un saldo positivo in provincia di Trieste sono le società che si dedicano al settore finanziario e assicurativo. Tiepidi segnali di ripresa, stando almeno ai numeri, si riscontrano pure nelle costruzioni dove a cessare sono state 175 attività e ad iniziarne una nuova sono state invece 178. «E' un cane che si morde la coda», osserva Giuseppe Giovarruscio, presidente della Confesercenti - perché con il comparto manifatturiero in agonia, la ricaduta negativa sul commercio è naturale. Se i lavoratori non hanno soldi, non acquistano. L' emorragia del settore del commercio non si arresta - continua - ma di pari passo non vengono messe in atto strategie concrete di rilancio. L' unico segnale tangibile di un cambiamento è stato dato dal Comune con l' apertura ai monomarca».
Critica la Confesercenti sull'operato della Camera di Commercio e di Confecommercio. «Invece di studiare strategie a supporto dei commercianti - dichiara Giovarruscio - la Cciaa e Confcommercio sono distratte da altri progetti che non spettano nemmeno a loro come il Parco del Mare, il residence Le Terrazze alla faccia degli albergatori loro iscritti, un ristorante come l' Expo Mittelschool. Criticano i monomarca e poi affittano i loro fori commerciali di via Einaudi alle grandi catene». Il presidente della Camera di Commercio ieri, contattato per una replica non era raggiungibile telefonicamente. «Serve un cambio di passo sia a livello nazionale che locale, sia nelle piccole che gradi cose", osserva Fabrizio Ziberna, segretario Fipe.
«Serve minor pressione fiscale - aggiunge - una buona strategia di promozione turistica ma pure una ripresa dell' attività congressuale e fieristica. A volte bastano anche piccole coszse per dare unaiuto all’economia locale - conclude Ziberna - basti pensare a quanto sta incidendo negativamente l’assenza del tram per l’attività di ristorazione a Opicina».
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