Crisi e concorrenza, fornai triestini in crisi profonda
Il pane sloveno sta mettendo in ginocchio i panifici triestini. «Il settore è in seria difficoltà – conferma Edvino Jerian, presidente dell'associazione panificatori di Trieste e presidente onorario della Federazione italiana di categoria – c’è il rischio che molti siano costretti a chiudere». Dieci anni fa i panifici nella gi non se ne contano nnostra provincia erano 120. Ogemmeno una settantina. Diversi panifici non riescono a pagare le bollette. Qualcuno si è visto sospendere l’erogazione di luce o gas. Stesse difficoltà nei pagamenti degli affitti dei locali o dei fornitori. «E’ ovvio che anche noi come le altre azienda scontiamo gli effetti di una crisi pesante – sottolinea Jerian - ma la concorrenza del pane sloveno è indubbiamente il motivo principale di tante problematicità».
Diverse rivendite invece di offrire rosette e sfilatini prodotti nei forni triestini vendono ogni anno quintali di pane cucinati a Sesana, Nova Gorica o a Capodistria. Le pagnotte e i panini sloveni hanno invaso ormai anche i banchi dei supermercati, i tavoli di ristoranti e trattorie e di alcune mense aziendali. Oltreconfine un chilo di pane costa al pubblico in media 1,98 euro mentre a Trieste a 3,50. Una differenza di prezzo al chilo dovuta ai diversi costi della manodopera e ai regimi fiscali vigenti. Il prelievo sugli utili applicato dalla Slovenia si aggira sul 25 per cento. Molti triestini vanno ad acquistarlo direttamente oltreconfine, lo consumano fresco oppure lo congelano. Altri lo cercano tra gli scaffali di Trieste dove ormai è facile da trovare.
Lo sbarco del pane sloveno a Trieste è iniziata circa sei anni fa. E ora i forni della città stanno tirando le somme, affrontando e pagando le conseguenze. Lo scorso mese 20 settembre è fallita l’impresa di panificazione di Luigi e Roberto Bergamasco. «Non solo pane” di via Mazzini 46 ha cambiato più volte gestione. «Chi ha diversi dipendenti inizia riducendo il personale – avvisa il presidente – ma i margini sono veramente ridotti». Gran parte del pane sloveno distribuito a Trieste ma anche nel resto della nostra regione è prodotto da industrie oltreconfine certificate a livello europeo. Una delle più “aggressive” sul mercato locale è la Brumat di Nova Gorica: l’impatto di questa attività sul mercato triestino e goriziano è decisamente sensibile. «Senza adeguamento normativo – sostengono i fornai triestini – in Europa non c'è concorrenza ad armi pari». «Oltreconfine esistono dimensioni economiche differenti – spiega Jerian - la tassazione, la manodopera e la materia prima, cioè il grano, incidono sul costo finale del prodotto». Così il pane sloveno finisce sui banchi della grossa distribuzione a prezzi stracciati. Costi improponibili per i panificatori triestini, prezzi irrealistici da raggiungere. «Stiamo sostenendo il movimento “Vero Pane Fresco”, – spiega Jerian – un’iniziativa orientata a creare una vera comunità che sostenga la produzione del cibo locale. Questo fa sì che si ricrei il rapporto che sempre vi è stato tra chi produce e chi consuma il cibo. Ciò non produce soltanto profitto per le imprese locali, ma crea beneficio e ricchezza nell’ambito della comunità, occupazione e indotto».
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