Crisi Dukcevich, nominati i commissari Operazione salvezza ai blocchi di partenza

La salvezza della Dukcevich viaggia in via Emilia. A un mese esatto dalla pubblica dichiarazione di crisi aziendale da parte dei coniugi Mario e Sonia Dukcevich, lunedì pomeriggio il presidente del Tribunale di Modena, Pasquale Liccardo, ha nominato due commissari giudiziali che agiranno nel concordato Kipre, la holding nella quale sono inseriti i tre marchi del gruppo alimentare (Principe, King’s, Sia.mo.ci). La notizia è ancora ufficiosa e non c’è alcun commento da parte del gruppo, che attende la notifica a tutti i brand.
I due professionisti, entrambi commercialisti, sono il modenese Angelo Zanetti e il bolognese-ferrarese Marco Zanzi. Il primo è stato presidente dell’Ordine della sua provincia e dall’inizio dell’anno lavora nello studio Collegium in corso Canalgrande. Il secondo, basato nella felsinea via Santo Stefano, è un nome ricorrente nelle cronache eco-giudiziarie, essendo stato impegnato nelle vicende della Sga, ex bad bank del Banco di Napoli. La stessa piazza triestina lo ha ben presente, in quanto si è occupato dei crac Tripcovich e Banca di credito.
Dall’articolo 161 della legge fallimentare si assume che i due professionisti avranno a disposizione un periodo variabile tra i 60 e i 120 giorni per mettere a punto un piano industriale, che conterrà la ricetta per trainare Kipre-Dukcevich fuori dalle secche della crisi finanziaria acclarata alla fine dello scorso anno. Si ritiene che Liccardo, giunto da poco nella sede modenese, abbia soppesato la particolarità della situazione, dove Kipre ha sede legale a Modena nella settecentesca casa delle 100 finestre sulla strada per Vignola, ma i sei siti produttivi sono distribuiti nelle province di Trieste (dove è anche il quartier generale), Udine, Vicenza, Parma. A loro volta i brand si accavallano: Principe opera a Trieste e San Daniele, King’s tra San Daniele e Sossano, Sia.mo.ci accorpa gli stabilimenti nel Parmense.
La decisione del magistrato sembra trovare la quadra: il modenese Zanetti presidierà i rapporti con il Tribunale locale, Zanzi giocherà a tutto campo fruendo anche delle relazioni maturate a Trieste in occasione dei precedenti incarichi. A nomina “fresca” è ovviamente difficile fare previsioni sulle soluzioni adottabili, sulle quali inciderà lo stato dell’arte del gruppo. Cifre aggiornate non sono ancora state fatte, quelle circolate rimandano al bilancio 2017, che, essendo trascorso il 2018 e avendo avuto l’azienda il noto epilogo concordatario, vanno valutate con prudenza: Kipre fatturava 163 milioni, il margine operativo girava sui 7 milioni, l’utile si attestava a 1,3 milioni. Ma già l’esercizio 2017 denunciava quella che poi sarebbe stata la sabbia mobile nella quale l’azienda è scivolata: un onere debitorio di 130 milioni, di cui 71,4 dovuti alle banche e 46 ai fornitori. A loro volta i debiti con il sistema creditizio vedevano la prevalenza degli impegni “a breve” con oltre 43 milioni.
Ma questa è la fotografia a fine 2017, per cui è presumibile che il quadro nel 2018 sia peggiorato. L’esito concordatario, ufficializzato il 31 dicembre, si era reso inevitabile dopo che il piano industriale, preparato insieme a un pool di banche, era saltato in seguito al disimpegno di uno degli istituti interessati (perlomeno stando al racconto dei Dukcevich pubblicato su “Sole 24 Ore” il 28 dicembre). Da allora la famiglia non ha rilasciato dichiarazioni e si è affidata, nella comunicazione esterna, a comunicati filtrati dagli advisor raccolti negli studi romani dell’avvocato Vincenzo Ussani d’Escobar e del commercialista Marco Lacchini.
La nomina di Zanetti e di Zanzi è il primo punto fermo da cui partire. Ristrutturazione del debito, eventuale cessione di asset saranno argomenti di cui sentiremo parlare nei prossimi mesi. A Reggio il gruppo Ferrarini, anch’esso in concordato, sembra abbia avuto due proposte d’acquisto. All’assessore regionale Sergio Bini, nel corso di un primo colloquio intercorso con l’istituzione, l’amministratore delegato Vladimiro Dukcevich aveva detto che volontà degli imprenditori triestini era difendere l’integrità del gruppo. Gli incarichi dovrebbero infine rasserenare i sindacati, che, nella prolungata assenza di notizie, erano scesi sul piede di guerra, minacciando lo stato di agitazione a partire da venerdì prossimo: i dipendenti diretti del gruppo sono 327. —
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