Crisi di governo: Slovenia sul baratro del voto anticipato
TRIESTE. La Slovenia è davanti al baratro delle elezioni politiche anticipate il prossimo maggio. Ieri il premier Janez Janša, accusato di corruzione e abuso d’ufficio dalla Commissione statale anti-corruzione, ha ricevuto solo bocciature dai partner di coalizione. E così alla Lista nazionale (Dl) guidata dal presidente del Parlamento Gregor Virant si sono aggiunti anche i “niet” del Partito dei pensionati (Desus), di Nuova Slovenia (Nsi) e dei polari (Sls) anche se questi ultimi concederebbero al primo ministro una “sovranità limitata” nel tempo e più precisamente fino all’8 marzo per dare così il tempo necessario al governo di varare la riforma del mercato del lavoro e l’istituzione della Holding statale per gestire il patrimonio pubblico. A sua volta Janša aveva posto la data di ieri quale scadenza ai suoi partner di coalizione per decidere in merito alla sopravvivenza della sua premiership. La risposta è giunta puntuale e inequivocabile: promossa la coalizione ma non il suo leader.
E Janša? Lui vola in Azerbaijan dove incontrerà il presidente azero Ilham Alijev e il premier Artur Rasizadej. Con lui una delegazione di una cinquantina di imprese slovene. A Baku si sta lavorando anche per organizzare un forum economico tra i due Paesi. Nella frenetica giornata di ieri il premier si è comportato come se non stesse accadendo nulla. In mattinata ha visto i due ministri della Dl, Selko Pli›ani› e Janez Šušterši›. Una riunione di lavoro, hanno precisato i due ministri, per preparare la riunione di governo in calendario giovedì prossimo. Ai giornalisti che chiedevano se erano al corrente che giovedì forse il governo non esisterà più Šušterši› ha risposto ironico: «Se vostra moglie vi dice che si separerà probabilmente vi cucinerà lo stesso ogni giorno il pranzo. Noi cerchiamo di fare quello che si può non stiamo seduti sulla sedia a guardare cosa succede». Certo il marito cornuto difficilmente si siederebbe ancora allo stesso tavole della moglie fedifraga, ma si sa in politica si riesce a digerire tutto, figuriamoci due semplici corna.
Resta il fatto che i margini di manovra per Janša si sono notevolmente ristretti dopo le “sentenze” di ieri dei suoi partner di coalizione. Smentita la voce che voleva il ministro dei democratici (Sds, stesso partito del premier) Andrej Vizjak in odore di premiership al posto di Janša nell’aria pesante e sotto la fitta nevicata di Lubiana è tornata a circolare l’ipotesi di un governo tecnico. Ipotesi che sarebbe bene accetta dai pensionati del ministro degli Esteri Karl Erjavec («una super soluzione», l’ha definita) ma che viene seccamente bocciata dai due partiti più forti in Parlamento ossia la Sds e Slovenia positiva di quel sindaco della capitale Zoran Jankovi„ anche lui finito sul banco degli imputati per corruzione davanti alla stessa Commissione statale che ha accusato Janša.
La difesa estrema del premier è stata affidata al ministro degli Interni (Sds), Vinko Gorenak il quale vede nelle accuse a Janša una contropartita da offrire all’opinione pubblica a fronte della posizione assolutamente indifendibile di Jankovi„. Ma quel che inquieta di più sono le parole con cui lui, ministro degli Interni, sostiene che «solo pochi comportamenti corruttivi sono penalmente perseguibili». Due sono le cose allora: o il ministro sragiona oppure bisogna al più presto rivedere il codice penale della Slovenia.
La più “timida” tra i partner di coalizione appare Nuova Slovenia. La presidente Ljudmila Novak dopo aver incontrato il capo dello Stato, Borut Pahor ha affermato che il suo partito non pone alcuna precondizione e ha avvertito gli altri partner «a pensare che cosa sia meglio per la Slovenia in questo momento». Timidezza che si spiega facilmente col fatto che se si andasse alle elezioni anticipate le possibilità per Nsi di tornare in Parlamento sarebbero quasi nulle. E siccome “il potere logora chi non ce l’ha” (Andreottipensiero) allora salviamo il salvabile. Chissà cosa ne pensano i protagonisti della Rivolta dei fiori?
ManzinMauro
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