Crisi dell’edilizia I costruttori puntano sulla casa per riscatto
Molte case costruite sono rimaste invendute. Oppure, per la crisi devastante che ha colpito il settore edilizio, sono state requisite dalle banche che con sempre maggior severità impongono alle aziende di rientrare dai fidi concessi. All’immagine-simbolo di questo “default”, i 5000 elmetti gialli deposti come muto reclamo in piazza Unità, l’associazione dei costruttori di Trieste risponde con proposte nuove e cerca sempre più stringenti contatti con le amministrazioni pubbliche, peraltro a secco completo di soldi. Dalla Regione ha già ottenuto una legge, in attesa di regolamenti, che favorisca il vecchio e ormai disusato sistema di acquisto della casa per riscatto, il “rent to buy” che in inglese suona sempre meglio. In pratica, appartamenti destinati a restare invenduti potrebbero essere affittati e l’inquilino pagando l’affitto (o un mutuo ventennale agevolato stipulato dall’impresa stessa) acquisirebbe progressivo diritto alla proprietà dell’alloggio.
È una delle proposte (assieme a numerose richieste e altrettante rimostranze) che sono risuonate ieri nell’assemblea annuale dell’Ance di Trieste, nella quale il presidente Donatello Cividin ha anche fatto il bilancio dei suoi cinque anni di vertice, inaugurando l’ultimo, «gli anni più più bui e delicati - ha detto - che l’edilizia dal dopoguerra ricordi». Ad ascoltare, ma anche a rispondere dall’angolo stretto in cui si trova un Comune che non può realizzare progetti già finanziati perché il famoso patto di stabilità ora sblocca soldi per pagare i debiti con le imprese, ma proibisce tuttora di spendere per investimenti, c’era l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto.
Dunque non solo torna in auge l’affitto dei “muri”, per evitare una decadenza del costruito e una deriva economica davvero senza fine, ma si mettono in campo anche altre idee, per esempio uno studio transfrontaliero sull’uso del “project financing” cui partecipano sia i costruttori di Trieste e sia la Slovenia e il Comune di Muggia. Da ultimo, ma non è l’ultima cosa per importanza, parte seriamente la caccia ai fondi europei: «Abbiamo anche noi un ufficio a Bruxelles» ricorda Cividin. Il quale soprattutto ha messo in chiaro come i costruttori vogliano partecipare alla redazione del nuovo Piano regolatore, frutto di una visione complessiva della città espressa dalla Giunta Cosolini, ma su cui la categoria vuole garanzie: altrimenti, ha in pratica detto Cividin, non si costruirà più niente, e non si saprà come restaurare e riattivare il centro città. Altro tasto dolente: la Soprintendenza e i suoi divieti “spesso acritici”, l’urgenza di un Piano paesaggistico regionale, la certezza dei tempi nelle pratiche burocratiche.
«Da quando si è formato il governo - commenta Cividin - sembra che la gente abbia cominciato a tremare di meno, qualcosa forse si muove, anche se è presto per dirlo forte. Anche l’incentivo fiscale per la ristrutturazione degli immobili ha dato i suoi frutti, e fa bene il governo a confermarlo perché alla fine del processo ci guadagna». Ma ai suoi associati, pur non ripetendo i numeri tristissimi di quante aziende hanno chiuso, e di quanti operai hanno perso il lavoro, Cividin ha detto subito, in apertura di seduta, parlando di «uno scenario che è già diventato tragico»: «Nulla sarà come prima».
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