Crisi dell’auto. Fiat, dopo Carnelutti lascia anche Lucioli

Dal primo gennaio la concessionaria Fiat Carnelutti ha chiuso i battenti e, in questi giorni, è in via di definizione un accordo tra Lucioli, la storica concessionaria Fiat di Trieste, e il gruppo veneto De Bona. «Cerchiamo di salvare i 50 posti di lavoro»
Lo tsunami economico travolge il mercato triestino dell’auto. Dal primo gennaio la concessionaria Fiat Carnelutti ha chiuso i battenti, e in questi giorni è in via di definizione un accordo tra Lucioli, la storica concessionaria Fiat di Trieste, e il gruppo veneto De Bona, uno tra i più importanti a livello nazionale. L’obiettivo è quello di annettere la struttura di via Flavia, dove lavorano 50 persone, alla holding proprietaria di 15 concessionarie Fiat in un’area che va da Belluno a Padova, Treviso fino a Vicenza. «Una struttura come la nostra in un mercato difficile come quello di Trieste non può resistere», ammette Gianni Lucioli confermando che «si sta concludendo la trattativa con il gruppo De Bona. Siamo in dirittura d’arrivo. Puntiamo al mantenimento dei posti di lavoro».


VENDITE
I numeri delle vendite sono impietosi e anche a Trieste fotografano la crisi del settore dell’auto. In novembre sono state vendute 482 automobili di tutte le marche presenti, a dicembre si è arrivati a 663. In totale le vetture vendute nel corso del 2010 sono state a Trieste 6469. Accorpando i dati di Trieste con quelli di Gorizia si è passati da 13897 a 10775. Meno 30 per cento rispetto al 2009. In particolare a novembre le vetture Fiat vendute a Trieste sono state appena 50, divise nelle due strutture commerciali. A dicembre sono stati immatricolati 72 pezzi. Una situazione che si è aggravata progressivamente a partire dal mese di settembre quando le Fiat vendute erano state 73. E poi a ottobre 10 in meno, arrivando appena a 63. Per fare un paragone, nel luglio del 2010 il numero aveva raggiunto quota 107. Dieci anni fa le Fiat vendute erano state oltre 200.


Secondo i dati dell’Unrae (Unione nazionale rivenditori auto) le Toyota sono state 67, 60 le Renault. E poi 57 le Ford, 54 le Volkswagen, 43 le Peugeot, 38 le Citroen, 26 le Mercedes, 25 le Opel, 24 le Nissan, 22 le Audi e 21 le Honda. Sotto quota 20 le altre marche. Nei primi mesi del 2010 le vendite di vetture si erano attestate su livelli senza dubbio consistenti grazie all’effetto residui delle rottamazioni. Chiuso il periodo degli incentivi, è iniziato il calo degli ordinativi con un meno 25 per cento ed è praticamente iniziato il crollo.


IL PASSATO
Sembrano passati anni luce da quando, dieci anni fa, a Trieste era stata superata quota 10mila immatricolazioni e qualche anno prima, nei momenti clou della benzina agevolata il comparto sfiorava il record dei 18mila pezzi venduti (anche in Slovenia, allora si chiamava Jugoslavia). Adesso meno di un terzo, considerando le auto a chilometri zero. E un crollo come quello che si sta verificando progressivamente ha anche un altro significato: un sempre più ridotto gettito dell’Iva e delle tasse provinciali di immatricolazione. Insomma una spirale che scopre ulteriormente i nervi della crisi in una città già penalizzata.


LE SOLUZIONI
Così si corre ai ripari. Antonino Carnelutti, amministratore della società che commercializza a Trieste e Udine Mercedes, Seat, Skoda, Volvo, Jaguar, Land Rover e Smart, lo aveva annunciato già in ottore: «Preferisco tagliarmi una mano piuttosto di essere costretto un domani a tagliarmi un braccio». E dal primo gennaio dalle parole è passato ai fatti. In ballo c’erano 26 posti di lavoro. In questi mesi si sono susseguiti incontri e trattative alla Confindustria. «Siamo riusciti a mantenere l’occupazione», dice l’imprenditore. Poi con franchezza aggiunge: «Tutti a Trieste stanno ristrutturando. È inutile negarlo. Con marchi come la Fiat non ci sono i margini. E questo è il problema, mentre per gli altri, quelli di lusso, il cosiddetto settore premium, stiamo andando tutto sommato bene. Abbiamo fatto anche investimenti riuscendo a mantenere a Trieste un asset importante. Nei prossimi mesi trasferiremo progressivamente tutte le attività nei capannoni di via Flavia liberando quello di Muggia. Poi decideremo se venderlo o affittarlo». In questi ultimi mesi, dice ancora Carnelutti, «abbiamo cercato di razionalizzare le attività, tenendo conto del fatto che le Case chiedono strutture di vendita autonome. Ma non è bastato».


La Lucioli invece ha scelto un’altra strada. Quella dell’accordo e - in prospettiva - della cessione dell’azienda al grande gruppo veneto. «Non posso fare commenti. La situazione è molto delicata. Ma riusciremo a farcela, ne sono sicuro», ha detto l’altra sera Gianni Lucioli. Mentre parlava, in una saletta della struttura di via Flavia c’erano i responsabili del gruppo veneto. Libri contabili sul tavolo e calcolatrice accesa.


Il Gruppo De Bona ha sede a Belluno. È presente oltre che in quella provincia a Treviso, Padova e Vicenza. L’ultima acquisizione è stata nello scorso mese di luglio la ”Ma.gi.car.srl” con autosaloni a Castelfranco e Montebelluna.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti:fiatautocrisi

Riproduzione riservata © Il Piccolo