Crisi della Coveme, lo sciopero è sospeso ma l’azienda dice “no” agli ammortizzatori

I sindacati vogliono il blocco dei licenziamenti, propongono il contratto di solidarietà ma la proprietà risponde picche
Bumbaca Gorizia 22_11_2018 COVEME presidio operai © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 22_11_2018 COVEME presidio operai © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GORIZIA Sciopero sospeso alla “Coveme”, fabbrica apparentemente in salute che dà lavoro a un centinaio di persone ed è leader mondiale nella conversione di film di poliestere, adattato a diversi utilizzi industriali come moduli fotovoltaici, biosensori medicali, automotive, stampa serigrafica e packaging alimentare. Ma la decisione non è determinata, purtroppo, da sviluppi positivi. Tutti i nodi rimangono sul tappeto e grandi attese ci sono per il vertice di giovedì quando sindacati e Rsu proseguiranno la trattativa con i vertici aziendali in quel di Mestre, dove è stato convocato un incontro.

Coveme, 7 licenziamenti e nodo-sicurezza. Scatta lo sciopero: «Siamo preoccupati»
Bumbaca Gorizia 22_11_2018 COVEME presidio operai © Fotografia di Pierluigi Bumbaca


Perché in quella città e non qui? «La Coveme ha due sedi in Italia: una a Bologna, l’altra a Gorizia. È stata scelta Mestre perché lì ci sono gli uffici del consulente del lavoro e, poi, è una città baricentrica rispetto a Bologna e Gorizia», spiega Giampaolo Giuliano della Filctem-Cgil. La crisi, infatti, ha colpito entrambi gli stabilimenti. Tutto è nato dalla decisione dell’azienda di licenziare dodici persone: cinque nella sede di Bologna, sette a Gorizia. Tutti impiegati, tutti al lavoro nel settore amministrativo. «Come programmato - aggiunge Giuliano - sono stati effettuati due giorni di sciopero l’ultima ora di ogni turno. Poi, abbiamo deciso di sospendere la nostra azione e, ormai da qualche giorno, è stata ripristinata la normale attività. Però, non è stato ritirato né lo stato di agitazione e né il blocco degli straordinari che continuano sine die».

Riguardo al nodo del contendere, i sindacati hanno chiesto di bloccare la procedura di licenziamento collettivo. «L’unica alternativa, in questo momento, è ricorrere alla “Naspi”, l’indennità mensile di disoccupazione, istituita dall’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 - spiega Giuliano -. Noi abbiamo caldeggiato, invece, il ricorso agli ammortizzatori sociali. La prima cosa che avevamo chiesto era l’introduzione del contratto di solidarietà (riassumibile nel motto “lavorare meno ma lavorare tutti”) e, in seconda battuta, della cassa integrazione ordinaria. Ma l’azienda ha sempre risposto picche».

Per gli altri argomenti sul tavolo, sindacati e Rsu sono in attesa di essere convocati. E ricordiamo quali sono i nodi sul tappeto. «Quello che si è venuto a creare - ha spiegato il sindacalista Cgil nei giorni scorsi - è un clima di forte preoccupazione per le scelte operate dall’azienda che vede l’uscita a Gorizia di sette persone con alta professionalità e competenza, maturata nel lungo rapporto in azienda, a fronte degli investimenti effettuati per contrastare l’attuale crisi dei mercati». Sindacati e operai parlano di «goccia che ha fatto traboccare il vaso» perché ci sono altre questioni irrisolte sul tappeto: dal mansionario alla questione dei livelli, dal cambio di incarichi ai corsi effettuati in orario di lavoro.

«Tante problematiche che avremmo voluto affrontare assieme all’azienda: dall’organizzazione del lavoro al nodo-sicurezza, alle mansioni. Ma apprendiamo dei cambiamenti sempre a cosa fatta, senza essere coinvolti preventivamente». Lo stato di agitazione ha comportato anche il blocco degli straordinari a tutti i livelli (sia impiegati sia operai). Lo sciopero si è svolto per due giorni consecutivi nel turno di mattina dalle 6 alle 7, al pomeriggio dalle 14 alle 15, di notte dalle 22 alle 23. —


 

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