Crimea, i volontari serbi sbarcano a Sebastopoli

Sono una decina di ultranazionalisti e fanno parte di un gruppo paramilitare: «Ci hanno invitati i russi»
epa02565241 A supporter of Serbia's opposition Progressive Party shouts slogans during a major anti-government rally in Belgrade, Serbia, on 05 February 2011. Tens of thousands of Serbian opposition supporters gathered in Belgrade on Saturday to protest economic hardship, corruption and demand early elections from President Boris Tadic. The opposition bloc led by the nationalist Serbian Progressive Party (SNS) threatened to launch continuous protests if Tadic ignores the call for the polls. The opposition demands the resignation of the government, quicker European integration and early elections, claiming the government is corrupt and inefficient. EPA/SRDJAN SUKI
epa02565241 A supporter of Serbia's opposition Progressive Party shouts slogans during a major anti-government rally in Belgrade, Serbia, on 05 February 2011. Tens of thousands of Serbian opposition supporters gathered in Belgrade on Saturday to protest economic hardship, corruption and demand early elections from President Boris Tadic. The opposition bloc led by the nationalist Serbian Progressive Party (SNS) threatened to launch continuous protests if Tadic ignores the call for the polls. The opposition demands the resignation of the government, quicker European integration and early elections, claiming the government is corrupt and inefficient. EPA/SRDJAN SUKI

BELGRADO. Sono solo una decina o anche meno, ma hanno già scatenato un polverone mediatico non da poco, in Russia e nei Balcani. Sono un pugno di irriducibili ultranazionalisti, divise mimetiche, lunghe barbe e bandiere nere con teschio e le due tradizionali iscrizioni, «libertà o morte» e «con fiducia in Dio». E, malgrado la bellicosa postura, hanno facce e corpi che non sembrano rivelare un particolare allenamento o training militare. Ma fanno comunque paura, soprattutto perché ricordano un passato ancora troppo recente, segnato da guerre, sangue e morte. Fa paura e fa riflettere l’arrivo in Crimea di volontari serbi, annunciato dall’agenzia di stampa Itar-Tass. Volontari sbarcati al porto di Sebastopoli nei giorni scorsi su «invito dei combattenti russi» in Crimea, ha specificato Milutin Malisic, il leader del manipolo giunto dai Balcani, parte del gruppo paramilitare dei “Vukovi”, i Lupi, «rappresentanti del “Cetnicki pokret”», il movimento cetnico, almeno secondo la sua testimonianza. Durante le guerre nell’ex Jugoslavia «tanti volontari arrivarono per combattere a fianco dei serbi e ora è il momento, come fratelli, di aiutarli», ha specificato Malisic. D’altronde, secondo l’uomo, la crisi in Ucraina non sarebbe tanto diversa da quanto accaduto nei decenni passati nell’ex Jugoslavia. Bruxelles e Washington starebbero infatti foraggiando i nuovi leader di Kiev, che solo sulla carta «vogliono l’Europa, ma non sono altro che bugie». In ogni caso, «è nostro dovere essere qui», per ricambiare il favore fatto dai mercenari russi durante i conflitti balcanici. Ricambiare, ha specificato la Itar-Tass, che per ora significa presidiare senza armi un check-point all’ingresso della città assieme a un gruppo di cosacchi, gli stessi che avrebbero chiamato i cetnici serbi a dare una mano a Sebastopoli. E significa stare vicino ai russi, perché «siamo lo stesso popolo, lo stesso sangue ci scorre nelle vene», ha detto Malisic, come si può vedere in un video postato su YouTube. Malisic che, ha rivelato il controverso quotidiano nazionalista serbo “Pravda”, non è uno sconosciuto. Malgrado abbia sempre rigettato le accuse, nel 2000 era stato accusato, come membro dell’“Oslobodilacka srpska Armija”, di aver pianificato un attentato contro Milosevic e l’allora capo di Stato maggiore Pavkovic. Ma c’è veramente da avere paura dei fanatici serbi in Crimea? L’assenza di reazioni ufficiali fa propendere per l’opzione fanatici non pericolosi, mentre il web in Serbia si è spaccato tra chi ha deriso gli uomini di Malisic e chi, ma sono pochissimi, li incoraggia. Più preoccupante invece il reclutamento in corso su VKontakte, il “Facebook russo”, dove una pagina (http://vk.com/oborona_ua) che chiama a raccolta giovani dai 18 ai 45 anni per andare in Crimea a sostenere i russi, ha fatto migliaia di proseliti in pochi giorni.

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