Cresce Liberland, lo Stato che non c’è

BELGRADO. Mentre Slovenia e Croazia si guardano in cagnesco per la questione dell’arbitrato e Montenegro e Kosovo sono ai ferri corti per qualche spanna di frontiera, tra Serbia e Croazia - su un altro confine ancora oggetto di dispute, quello sul Danubio - non sembra spegnersi una controversa epopea. È quella di Liberland, micro nazione auto-proclamata nel 2015 dal ceco Vit Jedlicka, non riconosciuta da alcuno Stato vero. Ma Liberland non sarebbe solo una provocazione: sta crescendo e si espande. Questo è quanto sostiene la "Libera repubblica di Liberland", che ha pubblicato sul web un puntiglioso aggiornamento sulle attività dello staterello sulla sponda croata del Danubio, sette chilometri quadrati di terra paludosa e disabitata. E incastonata tra il maestoso fiume e un suo meandro interno, di fronte a Backi Monostor, in Serbia, e Zmajevac, in Croazia. La Croazia è il Paese che finora più ha contrastato Liberland, vigilando con grande attenzione sul territorio contestato e arrestando due volte lo stesso Jedlicka, in visita nel “suo” Stato.

Stato che, malgrado non sia riconosciuto da nessuno, ha annunciato giovedì di aver finora registrato la bellezza di 480.000 domande di cittadinanza. Di queste, sarebbero ben «150mila gli eleggibili» per conquistare il passaporto della micro nazione senza tasse, motto ufficiale «vivi e lascia vivere». Non solo. Sono già «trenta» gli uffici di rappresentanza all’estero di Liberland, di cui uno gestito da Rick Falkvinge, «fondatore del movimento del Partito pirata», e un altro da Rick Holson, «miliardario e imprenditore che rappresenta Liberland alle Bermuda».
Tutte farneticazioni? Non lo pensa Jedlicka, che con Il Piccolo si definisce «statista» e «visionario». «Finora abbiamo conferito la cittadinanza a circa 500 persone», originarie di vari Stati, come Usa, Germania, Cechia, Croazia, Serbia, esordisce. Sono persone «che vogliono vivere in uno Stato libero». Qual è l’obiettivo di Liberland? Anche quello di «sollecitare altre nazioni a essere più liberali, oltre che a costruire Liberland». Liberland sta preparando anche il lancio della sua «cripto moneta autonoma nel 2018», si legge sul sito ufficiale, con l’intento di raccogliere «fino 70 milioni di dollari», da usare per lo sviluppo di Liberland sul Danubio. E per la fondazione di due Liberland gemelle, «una in Africa e una in America centrale», annuncia Jedlicka.
Ma la finalità principe della micro nazione - che ha avuto noti precedenti in Sealand (ex piattaforma al largo della costa inglese), Seborga, Hutt River (Australia) e tanti altri, più o meno seri - è soprattutto “marcare” il territorio sul Danubio. Per questo, tutto sarebbe pronto per allestire una piccola flotta di imbarcazioni da ormeggiare presso Liberland e usare come sito del governo e magari come rifugio per qualche abitante stabile.
Come andranno le cose dipenderà molto dalle reazioni, soprattutto della Croazia. «Ci vedono come una minaccia, ma penso che risolveremo la situazione». Che è più complessa - e meno naïf - di quanto sembri. «Sono stato a Liberland quindici volte quest’anno, ma ci sono problemi con la polizia croata, che cerca di impedire che qualcuno si avvicini» al territorio su cui la micro nazione vuole esercitare la sovranità, un fatto «un po’ strano», dato che Zagabria per ora «non ha reclamato quel territorio», dice Jedlicka. E non lo ha fatto neppure la Serbia. Anche su questa mancata presa di posizione si fondano le pretese territoriali di Liberland, facilitate dall’esistenza di un limite non chiaramente definito. Pretese che sono state scandagliate in un articolo sul Chicago Journal of International Law, in cui si ammette che le possibilità di riconoscimento internazionale della micro nazione sono quasi nulle. Ma si legge anche che Liberland «ha molti aspetti legali e politici di uno Stato moderno», tra cui «una Costituzione e leggi», azioni di governo concrete. E appetiti su un lembo che potrebbe essere considerato «terra nullius», la base delle pretese di Jedlicka. Terra di nessuno perché non reclamata da Belgrado, che mira - nell’intricata controversia confinaria serbo-croata - a far riconoscere il Danubio come confine. E da Zagabria, preoccupata che rivendicare solo l’area di Liberland possa ‘legittimare’ il nuovo confine segnato dal corso del Danubio, perdendo diritti su territori ambiti sulla sponda serba.
E Liberland è, in questo contesto, più che una boutade.
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