Cresce l’allarme povertà. Utenti dei servizi sociali saliti del 20% in 5 anni

TRIESTE Peggiora la condizione sociale degli abitanti del Friuli Venezia Giulia, tanto che in cinque anni aumentano del 20% i cittadini che si sono rivolti ai servizi sociali dei Comuni. Stando inoltre ai dati forniti ieri dalla Regione sulla misura di inclusione attiva (Mia), il Fvg è ultimo nel Nord Italia per i livelli di povertà relativa: e così un under 18 ogni dieci vive in una famiglia che fruisce o ha fruito della Mia. Il quadro è a tinte scure e il futuro carico di incognite, con le incertezze sul passaggio dalla misura regionale al reddito di cittadinanza e l’incapacità della Regione di ricostruire, dopo tre anni di sperimentazione, quante persone abbiano davvero trovato un lavoro grazie ai patti di inserimento previsti.
La crescita del bisogno
La situazione in costante peggioramento emerge dalle informazioni presentate ieri dall’assessore alle Politiche sociali Riccardo Riccardi al Comitato di controllo del Consiglio regionale. Cifre lapidarie, che vedono il costante aumento dei cittadini che si rivolgono ai servizi sociali: dagli oltre 53 mila del 2013 ai quasi 65 mila del 2017, anno a cui risalgono le informazioni più aggiornate. Una tendenza che in un lustro segna una crescita del 20,7%: pari a oltre 11 mila unità. I dati Istat evidenziano peraltro che nel 2017 il Fvg vede il 6,9% delle famiglie in condizione di povertà relativa, contro il 5,9% del Nord Italia e il 12,3% nazionale: percentuale negativa nell’ambito del Nordest, che la Mia è stata però capace di mitigare sensibilmente, posto che nel 2016 il Fvg si attestava al 10,4%.
I numeri della Mia
Sono più di ventimila le famiglie che dal 2015 al 2018 hanno usufruito del sostegno al reddito regionale. Un totale di 54 mila persone, concentrate in particolare nelle città. Se la media Fvg parla di 3,7 nuclei beneficiari ogni cento, è Udine a guidare la classifica con il 9,2% mentre Trieste si ferma al 6,4%, sebbene in termini assoluti sia la città col maggior numero di famiglie seguite: quasi seimila su ventimila. Il capoluogo giuliano è il più popoloso e quindi le percentuali si stemperano anche rispetto a Gorizia e Pordenone, rispettivamente all’8,3% e al 7,7%.
L’incognita lavoro
Le difficoltà economiche dovrebbero essere risolte dove possibile con «l’inserimento o reinserimento lavorativo», come previsto fra i pilastri della misura. Peccato che a tre anni e mezzo dall’inizio della sperimentazione, gli uffici della Regione non siano in grado di fornire alcuna informazione su quanti fra i sottoscrittori dei patti abbiano trovato occupazione anche soltanto a tempo. Si sa solo che i patti siglati sono stati oltre 25 mila e che, su un campione di oltre duemila, il 71% raggiunge gli obiettivi previsti e il 25% lo fa solo in parte, mentre il 4% si rivela un fallimento. Nessuno dei patti prevedeva però l’assunzione come fine ultimo, ma soltanto l’attivazione della persona.
reddito di cittadinanza
Il vuoto conoscitivo si interseca con la difficoltà a prevedere le ricadute che potrà avere il binomio del reddito di cittadinanza e dei navigator. Un sistema a cui corrisponderà il contemporaneo switch off della misura regionale. Dopo un momentaneo congelamento della Mia, la giunta Fedriga ne ha deciso infatti la proroga fino all’entrata a regime del provvedimento nazionale. Non manca però il rischio di una fase di vuoto nel percepimento dell’aiuto, dopo i tanti intoppi burocratici emersi con il mix tra Mia regionale e Rei nazionale. Tutto da valutare poi come la Regione deciderà di utilizzare i 30 milioni all’anno liberati dalla cessazione della Mia.
Gli stranieri
Ma ciò che Riccardi mette nel mirino è la distribuzione del beneficio in base alla provenienza geografica. Il 58,5% dei nuclei risulta composto da italiani, mentre il 29,4% da stranieri e il 12,1% è misto. Sugli oltre 54 mila beneficiari, gli stranieri rappresentano il 45,4%. L’altro elemento su cui si sofferma Riccardi è il fenomeno del lavoro sottopagato, perché il 32% dei beneficiari in età da lavoro risulta occupato, pur vivendo in un nucleo incapace di superare i seimila euro di Isee. L’assessore parla di «un quadro di maggiore sofferenza rispetto agli anni scorsi e preoccupa il numero degli occupati che hanno avuto accesso alla Mia: se un lavoro non ti permette autonomia, dobbiamo capire cosa si intende per “occupato”. In Fvg c’è una condizione di povertà più alta del Nord: l’abbiamo ridotta con la Mia, è vero, ma a beneficio di chi? Serve un’inversione rispetto alla misura voluta dal centrosinistra perché l’intervento ha generato uno squilibrio a favore degli stranieri. Noi invece guardiamo con favore alle misure che proteggano anzitutto i cittadini italiani, perché la povertà è all’origine di molte tensioni sociali».
Il dibattito
Il gruppo Pd ribatte rivendicando in una nota «il buon funzionamento della misura», aggiungendo che al reddito di cittadinanza dovrà affiancarsi un provvedimento regionale che aiuti «chi ormai non è più nella possibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro e vive un disagio sociale più ampio». Per il M5s, «vanno valutati gli effetti sull’inserimento nel mondo del lavoro e della formazione». Furio Honsell (Open) si dice infine «sgomento per aver assistito ancora una volta all’accento posto dall’assessore sulla percentuale di stranieri: una vera fissazione di questa giunta». —
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