Cresce l’allarme contagio lungo la rotta dei migranti

Amnesty e altre 23 Ong chiedono l’evacuazione delle migliaia di persone bloccate sulle isole dell’Egeo. In Serbia e Bosnia è emergenza nei centri di accoglienza
Un'immagine rilasciata dall'ufficio stampa di Oxfam mostra la situazione nel campo di Moria, Lesbo, dove in questo momento a fronte di una capienza di 3.000 posti sono costrette a sopravvivere in condizioni disumane oltre 13 mila persone, per il 42% minori tra i 7 e 12 anni, tra cui quasi 1.000 bambini e ragazzi arrivati da soli. ANSA/UFFICIO STAMPA OXFAM ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++
Un'immagine rilasciata dall'ufficio stampa di Oxfam mostra la situazione nel campo di Moria, Lesbo, dove in questo momento a fronte di una capienza di 3.000 posti sono costrette a sopravvivere in condizioni disumane oltre 13 mila persone, per il 42% minori tra i 7 e 12 anni, tra cui quasi 1.000 bambini e ragazzi arrivati da soli. ANSA/UFFICIO STAMPA OXFAM ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

BELGRADO «Méno spìti», è il passaparola tra i greci. «Rri në shtëpi», si dicono gli albanesi. «Ostanite kod kuce», è il suggerimento-ordine che va per la maggiore nei Paesi balcanici di lingua slava. Anche in Grecia e nei Balcani è «rimanete a casa», il motto di queste settimane. Ma se una casa non c’è, se si è forzati a vivere all’addiaccio o in campi super-affollati, lo scenario generale diventa ancora più drammatico. E sale il timore di una catastrofe umanitaria che potrebbe colpire in particolare le decine di migliaia di migranti e profughi che rimangono bloccati sulle isole dell’Egeo in Grecia (821 casi positivi nel Paese), Lesbo in testa, dove già prima della pandemia le condizioni di vita erano insostenibili. I reclusi nei terribili “hotspot” greci a Lesbo – dove sono due i casi di Covid-19 tra la popolazione locale, nessuno tra gli stranieri - Samos, Chios, Kos e Leros sarebbero oggi circa quarantamila, più di due-tre volte la capacità dei campi secondo recenti stime dell’Unhcr.

La Slovenia mobilita il sistema sanitario, via al coprifuoco in Serbia e Albania
La fontana “tricolore” a Spalato (Foto da Twitter)


Preoccupa in particolare la situazione nel campo di Moria, a Lesbo, dove ora sono in 26 mila i migranti presenti, un terzo i minorenni, pochissimi i servizi, bagni e assistenza sanitaria carenti – un wc per 167 persone, una doccia per 242 - in un sito che potrebbe ospitarne al massimo 5-6mila. «Non c’è possibilità di isolamento» e tantomeno di distanziamento, «non è possibile assicurare condizioni igieniche» lontane dalla minima decenza, ha denunciato l’europarlamentare socialista Juan Fernando López Aguilar, presidente della commissione per le libertà civili e gli Interni dell’Eurocamera, che ha evocato «molti morti» in caso di scoppio di epidemia. «Ridurre la congestione nei campi» è essenziale, hanno ribadito ieri 24 Ong tra cui Human Rights Watch e Amnesty International, mentre la European Stability Initiative ha chiesto l’immediata «evacuazione» dei profughi dalle isole.

L’Unione europea accoglie Erdogan: «Riavviare il dialogo sui migranti»
A man from Iran carries his dog as he walks with other migrants near Edirne at the Turkish-Greek border, Monday, March 9, 2020. Thousands of migrants have massed at Turkey\'s land border with EU-member Greece after Erdogan\'s government made good on a long-standing threat and announced that Turkey _ which is home to more than 3.5 million Syrian refugees _ would no longer prevent migrants and refugees from crossing over into EU countries. (AP Photo/Darko Bandic)


La situazione non è però tanto migliore per chi è riuscito nei mesi scorsi a proseguire verso Nord, attraverso i Balcani, dove non si registrano a oggi casi confermati di ammalati tra i migranti. In Albania (104 casi), dove vige un duro coprifuoco, decine di migranti sostano all’addiaccio, sfamati dalla buona volontà dell’esercito. In Serbia (384 casi), già nei giorni scorsi il governo ha invece annunciato il divieto di uscita dai centri profughi dei migranti lì ospitati. Secondo le stime più recenti sono circa settemila, una delle cifre più alte degli ultimi anni. Fuori dai centri è stata rafforzata la presenza della polizia, e annunciato l’impiego dell’esercito. Dentro ai campi la situazione sarebbe molto pesante, stando alle denunce di associazioni e volontari. «Le coperte sono poche, il cibo non è sufficiente per tutti», hanno ad esempio sostenuto attivisti con contatti nel sito di Sombor, che come altri sarebbe ora sovraffollato. Lo stesso accade in Bosnia (168 casi), dove sono almeno 7.500 i migranti in attesa nel Paese – con arrivi in calo - e almeno duemila quelli che non riescono ancora a trovare posto nei centri d’accoglienza e bivaccano in campi di fortuna.

Nel frattempo il cantone di Sarajevo ha chiesto alle autorità centrali di creare subito «un centro addizionale» per ospitare più persone, e il cantone Una-Sana – quello con il maggior numero di migranti – ha ordinato lo stop alla circolazione dei profughi. Serve l’aiuto dell’Europa per i migranti «bloccati» in Bosnia e nei Balcani, l’appello di Transbalkan Solidarity. Porte sbarrate in Ungheria dove i migranti sono definiti «grave rischio di epidemia» dal governo Orban.

Intanto continuano i transiti da Croazia (442 casi) a Slovenia (528): è +80% dall’inizio dell’anno, 234 i fermati solo la scorsa settimana, quando l’emergenza era già iniziata. —

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