Cozze triestine tossiche, 14 indagati Si sospetta che siano cancerogene
Gli esperti hanno riscontrato la presenza di acido okadaico, sostanza nociva. Le conclusioni di Guariniello sui mitili triestini che avevano intossicato 150 persone. "Le cozze avariate sono anche cancerogene"
Coltivazioni di cozze nel golfo triestino
TRIESTE
. Si chiama acido okadaico e può provocare tumori. Tracce di questa sostanza sono state trovate assieme alle tossine Dsp all’interno delle cozze che il 18 settembre dello scorso anno avevano mandato all’ospedale non meno di 150 persone tra Piemonte e Valle d’Aosta.
Le cozze ”incriminate” provenivano dal golfo di Trieste. Che all’interno dei mitili ci sia stato l’acido okadaico emerge dalla perizia che è stata depositata nell’ufficio del procuratore di Torino Raffaele Guariniello, il magistrato che coordina le indagini affidate ai carabinieri del Nas di Torino.
Secondo il consulente «l’acido supera la barriera dello stomaco, raggiunge l’intestino, viene assorbito nel sangue, si deposita in polmoni e fegato». Oltre a provocare subito «diarrea, nausea, vomito e dolori addominali», può avere effetti a lunga distanza, ovvero «favorire lo sviluppo di neoplasie, in quanto stimola l’ossidazione dei grassi e ha effetti citotossici: può uccidere cellule umane a partire da quelle della mucosa intestinale».
Indagate a vario titolo sono 14 persone. Di queste si conosce solo il nome di Italo Minca, 60 anni, l’amministratore della cooperativa «Colmi seconda» del Villaggio del Pescatore, la prima struttura a finire nel mirino degli inquirenti. È corretto precisare che non ha nulla a che fare con l’Ittiturismo gestito dai fratelli Franco e Mario Minca.
«Al momento non possiamo rivelare i nomi degli altri indagati perché devono ancora essere interrogati», ha dichiarato nel pomeriggio il pm Guariniello. Non ha voluto aggiungere altro. Si sa solo che sotto la lente sono finiti coltivatori, raccoglitori e commercianti di Trieste, Monfalcone, Grado e Ariano nel Polesine. Devono rispondere, oltre che di distribuzione di alimenti pericolosi, anche di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità.
In un caso, quello relativo a Minca, il pm Guariniello procede per falso perchè - stando alle indagini - l’accusato aveva sostenuto di avere raccolto i mitili due giorni prima del blocco.
Infatti secondo le indagini la «Colmi seconda» avrebbe prelevato successivamente allo stop ordinato dall’Azienda sanitaria i mitili dalla zona ”09Ts”. L’area era stata dichiarata off-limits dal servizio veterinario dell’Ass lo scorso 31 agosto. Per riuscire a bypassare il divieto, secondo l’accusa, la cooperativa avrebbe modificato le date stampate sulle confezioni. Una contraffazione sui certificati relativi alla provenienza, che avrebbe finito poi per trarre in inganno i grossisti e i distributori. Un trucco che il pm Guariniello aveva fin da subito ipotizzato.
In un mese di indagini i carabinieri del Nas di Torio in collaborazione con i colleghi di Udine avevano ricostruito l’itinerario delle cozze dal Villaggio del Pescatore fino in Piemonte. In pratica, in forza dei certificati contraffatti, le cozze pescate nelle zone vietate erano state depositate nella struttura di Rovigo e poi inviate a Torino dove una prima partita era stata venduta al mercato del pesce. Poi ne erano arrivate altre.
Ora dopo i risultati della perizia disposta dalla procura di Torino è emersa la presenza anche dell’acido okadaico che gli studiosi ritengono sia un promotore tumorale al centro di numerose ricerche degli ultimi anni.
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