Cozze mediterranee al piombo

Allarme del rapporto ambiente dell’Onu: c’è anche Trieste. L’Ogs: «Concentrazioni nell’area portuale»
Di Mauro Manzin

TRIESTE. Erosione delle coste, inquinamento da metalli pesanti e rifiuti, specie invasive, pesca eccessiva: sono queste le grandi minacce con cui il Mar Mediterraneo e anche l’Italia devono fare i conti. Specie d’estate, quando milioni di turisti si riversano sulle spiagge. A fare il punto sullo stato di salute dell’ambiente del “Mare Nostrum”, fra le 25 aree del mondo al top per ricchezza di biodiversità, è un rapporto dell’Unep/Map, il braccio per il Mediterraneo del programma Onu per l’ambiente. Secondo il rapporto, circa un quarto delle coste del bacino soffre del fenomeno dell’erosione, incluse alcune aree di grande valore ecologico, come il Mar Ligure, la costa tirrenica dell’Italia e il Delta del Po. Sono 1.500 i km delle coste europee del Mediterraneo trasformati in coste “artificiali”, in aree come la Sardegna, i mari Adriatico e Ionico: 1.237 km dei quali occupati solo dai porti dell’Ue. Sul fronte inquinamento, il quadro non è confortante: il 37% degli insediamenti costieri con oltre duemila abitanti nel Mediterraneo non dispone di un impianto di trattamento dei reflui e il problema interessa anche l’Italia, in particolare la Sicilia. Un fattore preoccupante è poi la presenza di tracce di metalli pesanti, specie piombo e mercurio, nei sedimenti costieri e nella tipica cozza mediterranea (Mytilus galloprovincialis). Il piombo è stato rilevato nei mitili dove i sedimenti sono contaminati, in genere vicino a scarichi industriali, portuali e urbani, anche lungo la costa occidentale dell’Italia, fra il Golfo di Genova e Napoli, oltre che sulla costa Nord della Sicilia (Palermo) e nella parte meridionale della Sardegna (Portoscuso). Nel Mar Adriatico, livelli elevati di piombo sono stati registrati nella laguna di Venezia e nelle aree dove si riversa il Po, oltre che nel Golfo di Trieste. Qui la situazione è molto differente da zona a zona. In quella portuale il piombo è sicuramente presente nei sedimenti ma ci sono aree del nostro golfo assolutamente incontaminate. Da un punto di vista biologico, come spiega la dottoressa Marina Cabrini dell’Ogs la situazione non è così allarmante. «La quantità della catena trofica è molto simile da noi come in Slovenia e Croazia. È diminuito il plancton - spiega - si pensa anche per la diminuzione della concentrazione di fosfati nei detersivi. Non è diminuito il pesce anche se non si assiste più a fenomeni di acque colorate così come avvenne nel 1984 a Barcola, sulla riviera triestina, dove sembrava di essere di fronte a un prato inglese». Questo però non significa che non ci sia inquinamento. La tendenza generale comunque sembra sia quella della diminuzione delle concentrazioni di metalli pesanti. La spazzatura costituisce una minaccia importante anche per le specie marine del Mediterraneo, con la plastica in pole position. A livello mondiale la stima è che i rifiuti in mare ogni anno uccidano oltre un milione di uccelli marini e 100.000 mammiferi e tartarughe. Nel Mediterraneo particolarmente colpite sono le tartarughe marine, che scambiano la plastica per la loro preda e le meduse.

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