Cozze affondate dalla Bora, danni per 300mila euro

Spazzati via gli allevamenti del Villaggio del pescatore e di Muggia. A picco anche due barche. Marchesan: un disastro, la Regione ci aiuti

Due milioni o poco più di euro di fatturato annuo; una produzione di 25 mila quintali, quando nel lontano 1980 i quintali erano 100 mila. Una quindicina di aziende dislocate tra Muggia, Duino - Aurisina e Panzano che nei mesi della "raccolta" danno lavoro a una ottantina di persone mentre 25 anni fa i picchi di attività coinvolgevano almeno 250-280 addetti. Sono queste le cifre della mitilicoltura triestina, da anni in grave crisi. Va aggiunto che il prodotto "nostrano" è riconosciuto di ottima qualità, ma i produttori lo vendono allo stato grezzo, spesso in anticipo sui tempi previsti, per cercare di sfuggire alle ripetute presenze in golfo di una microalga tossica, la Dynophysis, che una volta ingerita dai mitili, li trasforma in potenziali bombe diarroiche.

di Tiziana Carpinelli Il "pedocio" triestino spazzato via dalla bora. Mitilicoltura in ginocchio: persi d'emblée oltre un centinaio di tonnellate di mitili, per un danno economico, tra attrezzatura distrutta e prodotti inghiottiti dai fondali, di almeno 300mila euro. Ma la quantificazione esatta, secondo quanto reso noto ieri dai consorzi che raccolgono la categoria, è suscettibile di ulteriori correzioni verso l'alto. Non solo l'edilizia, provata dai dissesti verificatisi in cantieri, abitazioni ed edifici pubblici, ma anche il settore della marineria, e in modo particolar modo della mitilicoltura, è stato dunque devastato dal maltempo dei giorni scorsi.

Le violente sferzate della bora hanno allentato le corde, percosso i galleggianti, strappato i filari, danneggiato gli ancoraggi e mandato a picco le cozze triestine. Molti produttori hanno subìto perdite ingenti, specialmente nel golfo di Panzano, come viene chiamato dagli addetti ai lavori lo specchio acqueo compreso tra il Villaggio del Pescatore e Sistiana. Significativi, però, sono stati anche i danni rilevati sul versante opposto della costa, nella zona muggesana del Lazzaretto. Le correnti marine hanno dilaniato le attrezzature. E pure due imbarcazioni da piccola pesca ormeggiate al molo Venezia, si sono inabissate. Compromessi moltissimi filari, brutalmente investiti dalle raffiche fino a 172 chilometri orari che nei giorni scorsi hanno fatto scempio del territorio. "Con tuti 'sti sbatociamenti le reti xè rimaste svode - commenta Walter Vettori della Maricoltura triestina - e, nei filari lungo la costiera, il primo mezzo metro de pedoci xè sta spelado via: tanta fadiga finida tal fondal, senza possibilità de recupero". L'esperto afferma che in questo periodo, una tale sciagura, proprio non ci voleva: la concorrenza di Chioggia e della Romagna è spietata; al momento il periodo di maturazione privilegia quelle zone, dove il frutto di mare appare più polposo, e piazzare il prodotto triestino diventa sempre più difficile. L'attività è risultata quindi fortemente rallentata.

E le flotte locali nei giorni di bora non hanno potuto neppure uscire in mare a causa delle condizioni meteo fortemente negative. Il risultato? A Trieste i conferimenti, secondo l'Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), sono diminuiti del 16,1% e in conseguenza del vento è stata sospesa temporaneamente perfino la vendita all'ingrosso. «Un bel disastro - osserva Fabrizio Marchesan, presidente Cogiumar - solo nella zona di Duino Aurisina sono andati persi 7-800 quintali di merce e vi sono stati danni per le attrezzature stimabili in circa 70mila euro. Ma la conta dei danni non è ancora finita. «La cernita del deficit prosegue ancora in questi giorni, ma sicuramente è stata una brutta mazzata per la categoria e in particolare per la Baia di Panzano, maggiormente esposta alle raffiche di bora. Senz'altro chiederemo aiuto alle istituzioni e alla Regione per questa calamità». Ma in questo momento di difficile congiuntura economica, non sarà semplice ottenere risposte chiare. I lavoratori di questo particolare comparto si stanno leccando le ferire e come in passato potranno contare solo sulle loro forze per rialzarsi in piedi. Ma potrebbe non essere così semplice, come rileva Guido Doz, presidente Agci-Agrital che parla globalmente di un danno economico stimabile in 300mila euro: «Siamo ancora in attesa di ricevere i rimborsi della devastante mareggiata del 2007 dal Ministero - sottolinea -: sono passati quattro anni e ancora nulla. Per contro si è perso moltissimo tempo per depositare perizie, bilanci triennali della produzione e certificazioni varie per dimostrare alle autorità competenti le perdite avute. Nel frattempo, i fondi a disposizione del Ministero si sono esauriti, prendendo la via del Sud Italia e noi siamo rimasti a bocca asciutta».

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