Covid, la variante inglese arriva anche in Croazia e in Bosnia
belgrado
Tre casi confermati, altri sotto esame ma più che sospetti. Fa paura anche in Croazia la variante inglese del Coronavirus, identificata nelle scorse settimane in Slovenia, Serbia, Macedonia del Nord e ieri per la prima volta anche in alcuni tamponi positivi sottoposti a sequenziamento nella Clinica per le malattie infettive “Fran Mihaljević", a Zagabria. Le mutazioni tipiche della variante B.1.1.7 sono state riconosciute in tre campioni prelevati «da un uomo di 50 anni e da un bambino di tre anni e mezzo» di Zagabria e poi in quelli di un uomo di 34 anni residente in un’area al confine con la Bosnia, ha informato la direttrice della clinica Alemka Markotić.
Potrebbe essere solo la punta di un iceberg. Informazioni preliminari su altri venti tamponi riferiscono di altri «otto positivi alla variante» inglese, ma servono conferme, ha specificato l’epidemiologo Bernard Kaić. A preoccupare è il fatto che i tamponi incriminati siano stati effettuati nella seconda metà di gennaio, segno che la nuova variante già allora era presente tra la popolazione. «Non è stata una sorpresa, era solo questione di tempo ed è un bene che per ora non si osservi un aumento dei contagi a essa collegabili», ha fatto eco Markotić. Maggiore cautela da parte della popolazione è stata chiesta dal ministro della Salute, Vili Beros, contro un virus «che non conosce confini». Ma che negli ultimi tempi è stato tuttavia messo relativamente sotto controllo da Zagabria, Paese che nell’ultima settimana ha messo in conto un calo del 16% dei nuovi contagi.
Scenario simile in Slovenia, che secondo dati della John Hopkins University ha visto scendere del 32% i nuovi positivi e calare gli ospedalizzati (864). Lubiana ha in cantiere nuovi allentamenti delle restrizioni, allentamenti che sarebbero giustificati dal calo della curva epidemiologica ma anche dal fatto che le varianti brasiliana e sudafricana non sarebbero arrivate in Slovenia e quella inglese non avrebbe attecchito. Lo ha assicurato ieri Maja Ravnikar, direttrice dell’Istituto nazionale di biologia, presentando i primi dati di un monitoraggio delle acquee reflue alla ricerca del virus. Acque che sono modalità ideale per vagliare l’epidemia; e «dopo una crescita esponenziale a ottobre e il picco a novembre», così Ravnikar, «stiamo notando da un po’ di tempo un calo nella trasmissione».
In leggero aumento i nuovi contagi invece in Bosnia (+2% nell’ultima settimana), Paese che già l’altro ieri ha annunciato l’identificazione del primo caso di variante inglese, dopo il sequenziamento di «23 campioni prelevati tra luglio e febbraio. E sfortunatamente in uno di essi è stata trovata la variante B.1.1.7», ha informato il capo laboratorio della Facoltà di veterinaria di Sarajevo, Teufik Goletic. A importarla in Bosnia, a fine dicembre, un turista straniero. Le varianti, anche se non c’è ancora l’ufficialità, potrebbero avere avuto un peso anche nell’aumento dei casi avvenuto negli ultimi giorni in Montenegro (+17%) e soprattutto in Albania (+22% la scorsa settimana), dove le autorità hanno esteso il coprifuoco. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo