Costrinse i figli al test del dna A processo il marito geloso

Dal test del dna praticamente imposto ai propri figli, per tentare di zittire il tarlo che gli continuava a ripetere che la moglie li avesse forse concepiti con qualche altro uomo, al rinvio a giudizio per maltrattamenti in famiglia impostogli a sua volta dal giudice. Sarà processato il prossimo anno in dibattimento ordinario (la prima udienza davanti al giudice monocratico Marco Casavecchia si terrà nell’aprile del 2017) il 76enne A.C., denunciato nel febbraio del 2015 proprio dall’ex moglie nel momento in cui s’era sfasciato un matrimonio durato circa quarant’anni (al procedimento penale corrisponde pure una causa di separazione in sede civile).
A disporre appunto il rinvio a giudizio del pensionato (di cui omettiamo le generalità complete affinché i suoi familiari non possano essere identificati) è stato ieri il giudice per l’udienza preliminare Guido Patriarchi, presidente della Sezione Gip di Foro Ulpiano. Il quale, così, ha accolto le istanze del pubblico ministero Antonio Miggiani, titolare del fascicolo d’inchiesta aperto dopo quella denuncia, nonché dell’avvocato Antonio Santoro, il legale dell’ex coniuge di A.C., di 12 anni più giovane di lui, che nel contempo ha chiesto e ottenuto dal giudice di costituirsi parte civile in modo da poter accedere a un eventuale risarcimento in caso di condanna penale dell’imputato. L’avvocato Andrea Diroma, difensore del 76enne, si era battuto al contrario per il riconoscimento del non luogo a procedere per il suo assistito. Ieri, così come nelle precedenti udienze a porte chiuse, l’indagato ora divenuto imputato era presente, al pari dell’ex moglie. “Sono stato un padre e un marito premuroso”, aveva giurato la volta prima al gup Patriarchi nel corso dell’interrogatorio che aveva concordato di sostenere allora con il suo avvocato. L’ha ripetuto pure ieri, quando ha reso, brevemente, le cosiddette dichiarazioni spontanee prima che il giudice decidesse il suo destino giudiziario. “Non ho mai fatto mangiare cibi avariati alla mia famiglia, peraltro ero io quello che a casa cucinava sempre”, ha aggiunto ieri.
Tra le contestazioni a suo carico da parte del pm, scaturite come si diceva dalla denuncia dell’ex moglie, c’è in effetti pure l’accusa di aver “sabotato” le cene. Non solo quella, però. Si spazia da presunti piccoli grandi gesti di disprezzo, come quello di incollare dei rettangoli bianchi sulle foto ricordo esposte in casa, per coprire la faccia della consorte, al blocco del termostato in pieno inverno per farle patire il freddo, passando soprattutto per ripetute offese a sfondo sessuale. “Sei una puttana, una poco di buono, fai sesso nelle maniere più oscene”. Proprio in seguito ad alcune di queste frasi umilianti - maturate in quello che è stato inquadrato in fase d’indagine come un clima familiare dominato da una figura paterna rigida e autoritaria - dalla bocca della moglie sarebbe venuta a galla un giorno, stando sempre alle indagini, una risposta che definire secca è poco. Tagliente come un rasoio. Una risposta che avrebbe disarmato, distrutto psicologicamente un uomo abituato a tenere la barra, ad imporsi. “Sei un padre putativo”. Non biologico, insomma. La conferma delle sue ossessioni. Ossessioni, a quel punto, schizzate alle stelle. La circostanza regina delle accuse è infatti quella secondo cui nell’estate di due anni fa A.C. costrinse in sostanza il primogenito e il terzo figlio, che oggi hanno rispettivamente 43 e 33 anni, a sottoporsi al test del dna insieme a lui per zittire il tarlo. Temeva che la loro mamma li avesse concepiti altrimenti. In un caso forse con un amico di famiglia, in un altro forse con un parente. Fu la stessa mamma a convincere i due figli a fare quel benedetto test alla Salus, che alla fine sentenziò che entrambi erano il frutto del concepimento tra marito e moglie. Un risultato di cui l’uomo però continuò a dubitare (sostenendo che altri presunti test da lui disposti dicevano il contrario) e che i due figli non riuscirono a vedere perché poi quei referti sparirono dopo essere stati presi dal papà. La prossima sentenza, dunque, arriverà a Foro Ulpiano. Non più alla Salus.
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