Costretta a prostituirsi a ventun anni

Tre triestini sono accusati di aver schiavizzato una giovane tossicodipendente finché lei non ha deciso di ribellarsi
Ventun anni, triestina. Costretta a prostituirsi giorno e notte, chiusa da sola in casa, per pagarsi le dosi di droga. Dosi fornite dai suoi protettori. Da chi la schiavizzava. La drammatica vicenda è stata scoperta dalla Squadra mobile della polizia di Trieste, grazie alle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica. Tutto accadeva in alcuni appartamenti del centro dove era stato notato un insolito via vai. Gli agenti sono riusciti a incriminare S.A. di trentun anni e M.M. di trenta. Nei guai anche una donna di ventisette, F. M. le sue iniziali. Sono tutti cittadini italiani, residenti a Trieste.


Il gruppetto aveva sfruttato il corpo della giovane tossicodipendente per mesi e mesi. La ventunenne era sottoposta a continue violenze psicologiche, almeno fino allo scorso marzo: con il ricatto della droga e dei soldi per poterla assumere, erano riusciti a segregarla in casa. Obbligata a dare il proprio corpo a chiunque. Era il trentunenne, in particolare, a procurare gli alloggi per gli incontri. La giovane era finita su vari siti di annunci sessuali, sia completamente nuda che in biancheria intima. Le avevano pure fornito un cellulare ad hoc per gestire gli appuntamenti. M.M, il trentenne triestino, si occupava invece a ingaggiare i clienti. Li contattava lui stesso: inizialmente erano conoscenti e amici, ma poi il giro si è allargato a una cerchia ben più ampia.


La ventisettenne gestiva i soldi che la ventunenne guadagnava. Ma talvolta era lei stessa a prostituirsi. «F. M., - scrive la polizia in un comunicato stampa - avrebbe operato in posizione di sovra ordinazione rispetto alla giovane del 1994, fungendo, altresì, in alcuni casi da tramite per la consegna del denaro provento della illecita attività al gruppo criminale».


Ma quello che succedeva negli appartamenti del centro cittadino non finisce qui. Gli aguzzini non si accontentavano di procacciare i clienti per la ragazza, ma spesso organizzavano pure incontri di gruppo. Lei, schiavizzata giorno e notte, se si rifiutava non riceveva più la dose di droga. Quando serviva, quando cioè la “domanda” aumentava, veniva contattata pure una straniera di quarantatré anni. Pure lei chiusa in casa, sola, sfruttata.


La rete messa in piedi dal gruppetto fruttava diverse centinaia di euro al giorno. Gli agenti sono risaliti ai tre criminali grazie a un meticoloso lavoro di indagine, sia intercettando le telefonate con cui venivano preparati gli appuntamenti, sia appostandosi all’esterno delle abitazioni in cui si consumava la prestazione sessuale. Per identificare i responsabili e avere prove sufficienti in mano, gli agenti hanno interrogato anche alcuni clienti, fermati in strada e invitati in Questura a riferire di cosa succedeva in quegli alloggi.


L’incubo è finito anche quando la stessa giovane ha deciso di ribellarsi a quella condizione di schiavitù a cui era sottoposta ogni giorno con il ricatto della droga. Quando ha potuto farlo è scappata, fuggendo in un’altra regione. Lontana dai suoi sfruttatori.


«Nello sviluppo investigativo - aggiunge la Squadra mobile -importante elemento ad ulteriore supporto dei servizi tecnici svolti, sono state le dichiarazioni della stessa giovane del 1996, la quale, ormai stanca della situazione di sfruttamento della quale era rimasta vittima, ha fornito elementi di riscontro all’ipotesi investigativa, nonché particolari in ordine alle diverse responsabilità penali». Ha raccontato tutto, insomma, aiutando gli agenti a mettersi sulle tracce dei tre protettori. Gente che, stando a quanto è stato possibile ricostruire, in realtà aveva anche un lavoro: facevano prostituire la ventunenne triestina per “arrotondare”, promettendole la dose quotidiana di droga senza la quale la giovane non riusciva a finire le proprie giornate. Altrimenti andava in crisi di astinenza. Per ottenere la quantità di droga necessaria, la tossicodipendente si era indebitata con i suo aguzzini. E se non “lavorava” a sufficienza per saldare il dovuto, non le davano quanto chiedeva. Una vera e propria prigione in cui la ragazza triestina è stata intrappolata per lunghi mesi senza che nessuno, in quei palazzi in cui avvenivano gli incontri a luci rosse, si accorgesse di nulla.


Tutti e tre i protettori sono sotto inchiesta per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. È stato notificato loro l’avviso di conclusione delle indagini e, a breve, il pm dovrebbe chiedere al gup il loro rinvio a giudizio.


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