Costa Concordia, il gradese Bean: «Più di 40mila immersioni»

Il capo dei sommozzatori all'Isola del Giglio racconta: "Abbiamo lavorato per 24 ore di fila, facendo molti interventi diversi. Ora tiriamo un respiro di sollievo: è stato tutto perfetto"
La Costa Concordia al Giglio
La Costa Concordia al Giglio

Mancano ancora quattro catene e qualche cavo da agganciare ai cassoni. Poi la Concordia galleggerà nella misura prevista e potrà essere trainata nel porto di Genova dove verrà demolita. È il responsabile dei sommozzatori che operano all’Isola del Giglio, il gradese Yurij Bean, a precisarlo. E lo fa, ovviamente, in sintonia con gli altri (tanti) responsabili di un’operazione unica al mondo. Operazione delicata, e incredibile, che ha impegnato 190 sommozzatori che sino ad oggi hanno effettuato più di 40.000 immersioni. A coordinare il tutto, come noto, c’è il “Salvage Master”, l’ormai celebre sudafricano di Città del Capo, Nick (Nicholas) Sloane, con il quale Bean lavora all’unisono anche grazie alla perfetta conoscenza della lingua inglese e all’esperienza acquisito in mezzo mondo, dall’Uruguay all’Argentina, dall’Albania a tutti (o quasi) i mari che circondano l’Italia.

Yurij Bean, il gradese capo dei sommozzatori
Yurij Bean, il gradese capo dei sommozzatori


Che cosa c’è ancora da fare?
Mancano solo alcune catene che passiamo da una parte all’altra della nave in tutta sicurezza senza dover attraversare il grande scafo. Abbiamo dei sistemi che ci consentono infatti di farlo senza transitare sotto la Concordia, cosa che invece abbiamo dovuto fare per altre operazioni, quando la nave era appoggiata alla piattaforma subacquea.
Sempre sott’acqua. Non è una novità, almeno nel suo caso...
Sinora, in verità, mai come nel corso di questa operazione. Qui abbiamo lavorato anche per 24 ore al giorno facendo miliardi di lavori diversi.
Qual è stato il momento più difficile dell’operazione?
A causa del ritardo di un anno fa nell’avvio dell’operazione di recupero abbiamo dovuto correre parecchio, lavorando, appunto, anche per 24 ore filate al giorno. C’è stata la creazione della piattaforma d’appoggio, l’installazione dei cassoni, il raddrizzamento... Tantissimi interventi, tutti complicati, fino, naturalmente, al galleggiamento.
Ci sono stati momenti pericolosi?
Sott’acqua è tutto pericoloso. Noi seguiamo sempre le procedure che ci consentano di operare in piena sicurezza. Ma i lavori più rischiosi sono e restano sempre quelli che si fanno sotto la nave.
Bean è il responsabile di tutti i sub.
Sono il responsabile dei subacquei della Micoperi ma qui ci sono ad esempio anche quelli della Titan e di altre società. Diciamo che sono il coordinatore di tutti e che gestisco le diverse squadre.
Quanti sono i sub impegnati?
Inizialmente, e per certi lavori, eravamo sino a 190. Oggi siamo una cinquantina. Del resto stiamo facendo un lavoro diverso da qualsiasi altro, incredibile e impegnativo.
Sino ad oggi quanto sono stati impiegati i sommozzatori?
Qui stiamo davvero stabilendo un record. Complessivamente abbiamo fatto oltre 40.000 immersioni e ne mancano ancora.
Cosa manca ancora prima della partenza per Genova?
La sistemazione e l’aggancio di quattro catene e di alcuni cavi che devono essere passati da una parte all’altra della nave per fissarli ai cassonetti di dritta in modo da pareggiare l’inclinazione con quelli opposti, cosa che sarà fatta a breve.
Un sospiro di sollievo?
Un po’ sì. Eravamo tutti convinti che gli interventi previsti, studiati nei minimi dettagli, andassero a buon fine. Ma in questo campo non si sa mai, c’è sempre qualcosa che può mettersi di traverso. Fino ad oggi, però, tutto è andato bene. Anzi, è stato perfetto.
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