Così l’uomo vive circondato dai virus (da migliaia d’anni)
TRIESTE. Se mai ce ne fosse stato bisogno, l’emergenza del nuovo coronavirus porta ancora una volta alla ribalta il concetto che l’unica vera minaccia alla specie umana è rappresentata dai virus. Dopo aver domato gli ambienti naturali più estremi, decimato gli animali feroci, allungato l’esistenza e sterminato anche gli altri ominidi cugini, homo sapiens si trova invece disarmato nei confronti di piccoli oggetti inanimati con un diametro di un decimo di millesimo di millimetro.
Questa situazione non sta granché migliorando. La distruzione degli habitat naturali e l’incremento della densità abitativa di fatto aumenta il rischio di infezione da parte di virus nuovi, di cui oltre il 70% trasmessi dagli animali. Sono tre le categorie di virus da temere. La prima è quella dei virus che si trasmettono per via aerea, di cui fanno parte i coronavirus e i virus dell’influenza aviaria e suina. La seconda comprende i virus trasmessi da zecche e zanzare; della stessa famiglia della febbre gialla e del dengue, sono qui in agguato oltre 40 virus che causano encefaliti e febbre emorragiche, tra cui chikungunya, zika e febbre del Nilo. La terza categoria comprende diversi virus dei pipistrelli e dei roditori. I più noti sono il virus di Ebola e gli hantavirus, trasmessi dagli escrementi.
Questo mondo diffuso di virus ci dice però anche qualcosa di diverso. Mentre noi vediamo le infezioni virali come forme di aggressione da cui difenderci, i virus rappresentano semplicemente la maniera più semplice ed efficace per diffondere e amplificare materiale genetico. Il mondo naturale è pieno di virus che infettano virtualmente tutti gli organismi viventi. Nella maggior parte dei casi, nemmeno ne sospettiamo l’esistenza. Lo testimoniano due studi pubblicati proprio questa settimana. Nel primo, l’analisi del Dna di un campione prelevato a 50 metri di profondità in un ghiacciaio nel Tibet formatosi oltre 15 mila anni fa portato alla luce 28 nuovi tipi di virus del passato, probabilmente infettivi per le specie di batteri che convivevano in quell’ecosistema. La seconda ricerca, pubblicata su Nature da un team di Berkeley, rivela l’esistenza di 351 nuovi virus anch’essi dei batteri, trovati in 30 diversi ambienti naturali, dall’instestino dei bambini prematuri alle stanze degli ospedali.
Conclusioni della storia: primo, ha ragione Richard Dawkins a pensare che l’evoluzione sia centrata sulla trasmissione di un Dna egoista interessato solo alla propria conservazione; secondo, i virus, costituiti semplicemente da un Dna o un Rna circondato da poche proteine che lo proteggono, offrono un esempio di successo straordinario in questo senso.
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