Così la strage di asini per la medicina cinese devasta la vita delle donne africane

Asini cacciati, catturati, uccisi, scuoiati. Ma anche inseguiti, presi in trappola, rubati, rapiti, portati via. E poi sempre uccisi e scuoiati, a un ritmo non solo impressionante, ma pure in crescita rispetto al passato: 1,5 milioni e mezzo di animali macellati in un anno nella sola Cina, quasi cinque milioni in tutto il mondo, secondo i dati dell’ong britannica The Donkey Sanctuary.
Che cosa succede e perché succede
Il problema (per gli asini, ma non solo) è che il tenore di vita della classe media cinese è migliorato, e ancora sta migliorando, e sempre più persone possono permettersi di chiedere, comprare e consumare beni che prima non erano alla loro portata: lo si nota per alcune categorie di alimenti (come il latte e la carne di maiale), sta succedendo anche in campo medico. Sì, perché la pelle degli asini serve per produrre l’ejiao, una gelatina dalle (presunte) proprietà di contrasto delle malattie cardiache e pure degli aborti (ne abbiamo parlato all’inizio del 2018): sempre secondo i volontari del Donkey (“asino”, in inglese) Sanctuary, fra 2013 e 2016 la produzione annuale di ejiao è passata da 3200 a 5600 tonnellate, un incremento superiore al 20% l’anno.
Questo ha appunto portato a una vera e propria “caccia all’asino”: dal 1992 a oggi, la popolazione di questi animali è crollata in Cina del 76%. Non solo: visto che nel pur vasto territorio cinese di asini non ce ne sono abbastanza per stare dietro alla domanda, i produttori di ejiao li cercano un po’ in tutto il mondo, procurandoseli in tutti i modi, leciti, poco leciti o del tutto illegali. In Brasile, la popolazione di asini è calata del 28% dal 2007, in Botswana del 37%, in Kirghizistan addirittura del 53%.
Sono soprattutto i Paesi più poveri, soprattutto in Africa, a subire questa razzia: in Kenya, da dove l’esportazione delle pelli d’asino è legale (perché alcuni Stati hanno incominciato a vietarla), ne vengono macellati circa 350mila ogni anno. Eritrea e Ghana hanno cercato di arginare il fenomeno rendendo illegale queste commercio, e qui la situazione sembra pure peggiore: numeri ufficiali chiaramente non ce ne sono, ma secondo i responsabili del Donkey Sanctuary sono sempre di più le segnalazioni di asini rubati dalle stalle delle loro famiglie, trascinati oltre confine e poi uccisi, macellati e scuoiati.
Gli effetti sulla vita delle persone
Oltre che un dramma per la popolazione degli asini a livello mondiale, il decremento di questi animali «forti, intelligenti e sensibili», come li ha descritti Mike Baker, direttore del Donkey Sanctuary, ha gravi conseguenze anche a livello umano. Due, soprattutto.
Intanto, visto che molto spesso gli asini vengono trasportati da un punto all’altro (pure se malati o feriti) e poi macellati senza alcun rispetto per le più banali regole sanitarie e igieniche, o anche lasciati a morire in mezzo alla strada o nei campi, aumentano i rischi di diffusione di malattie come l’antrace o l’influenza equina, pericolose anche per l’uomo.
Inoltre, gli asini forniscono un aiuto fondamentale nelle famiglie delle zone più povere del mondo: secondo le stime, circa 500 milioni di persone dipendono da loro per trasportare le merci verso e dal mercato, per portare l’acqua nelle abitazioni, oppure la legna, anche per raggiungere le scuole e gli ospedali. Se gli asini vengono rapiti, quello che facevano loro devono farlo gli uomini. Anzi, le donne: lo stesso Baker ha spiegato che in quelle comunità dove il patriarcato è ancora molto forte e dove l’emancipazione femminile resta un miraggio, sono le mogli, le sorelle, le madri a doversi sobbarcare il lavoro fisicamente devastante generato dalla scomparsa di questi animali. Perché «se non hai un asino, sei tu l’asino», come dice un antico proverbio etiope.
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