Cosa mangiano quando mangiamo Ogm
TRIESTE L'origine del cibo, il come è stato trattato e il come sia stato cucinato risveglia sempre maggiore interesse e maggiori domande sulla relazione tra cibo e salute. Ecco che sabato 26 settembre alle 16.30 al Museo Revoltella si parlerà di "Ogm nel settore agro-alimentare: il diritto fra precauzione e innovazione" in un incontro introdotto e moderato da Mauro Bussani, docente di Diritto privato comparato Università di Trieste e University of Macau, R.P.C. con Dario Bevilacqua, PhD e funzionario del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Mauro Giacca, director-general Icgeb-International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology e Guido Martinelli, rettore Sissa-Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati. Il d.lgs. 224/2003 (emanato in attuazione della direttiva europea 2001/18) stabilisce che l'impiego degli Ogm in agricoltura e l'immissione di prodotti Ogm sul mercato possono essere realizzati sul territorio italiano solo previa valutazione negativa del rischio e autorizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
Il regime appena descritto si è rivelato finora un efficace scudo alla diffusione di colture Ogm sul nostro territorio. Il Ministero dell'ambiente italiano ha difatti ripetutamente vietato con propri decreti l'impiego del mais Mon 810 della Monsanto, un prodotto transgenico massivamente coltivato all'interno dell'Unione Europea (ad es. in Spagna, Portogallo, Romania e Slovacchia). Come dice Mauro Bussani, tuttavia l'argomento è spinoso e a Trieste Next verrà anche messo in scena un possibile processo a difesa o contro il loro utilizzo.
«Nel dibattito sull'impiego di Ogm nel settore agroalimentare - Spiega Bussani - si incrociano interessi variegati e spesso difficilmente conciliabili fra loro. Vi è chi difende la libera ricerca scientifica e chi si concentra sul possibile impoverimento della biodiversità; chi celebra i vantaggi della produzione di massa (anche al fine di una lotta estesa alla fame) e chi vede solo gli svantaggi a danno delle colture tradizionali; chi sottolinea la potenzialità delle coltivazioni Ogm come rimedio all'insicurezza alimentare e chi enfatizza il ruolo strategico che dette coltivazioni spesso giocano nella scacchiera geopolitica mondiale. Il confronto di queste posizioni in chiave giuridica - quando è condotto ad alto livello scientifico - è, come dappertutto, indispensabile perché esso sempre facilita la consapevolezza delle poste in gioco e la trasparenza del dialogo, obbliga ad esplicitare le ragioni delle scelte e chiarisce i contorni di ogni possibile mediazione fra i contrapposti interessi».
E se da una parte si discute della natura del cibo, dall'altra si cerca di capire come il cibo durante la cottura si trasformi. Sempre sabato 26 alle ore 16.30, al Salone degli Incanti si affronterà "La cucina molecolare tra chimica e fisica" con l'introduzione di Francesco Longo, ricercatore Dipartimento di Fisica, Università di Trieste, e Franco Zanini, ricercatore in Tecnologie agroalimentari Elettra Sincrotrone Trieste, a presentare e interloquire con Davide Cassi, docente di Fisica della materia dell'Università di Parma. Negli ultimi tre lustri, il mondo dell'alta cucina è stato il teatro della più grande rivoluzione della sua storia. Spiega Franco Zanini: «Volendo banalizzare, trascurando tutti gli aspetti culturali, geografici e di piacevolezza, la cucina si è sempre occupata delle trasformazioni fisico-chimiche degli alimenti. Pensiamo all'invenzione della pentola a pressione di Denis Papin, fisico a cavallo fra '600 e '700 (ma i primi modelli egiziani risalgono al II sec.), o ai lavori di Lavoisier (chimico francese, XVIII sec.), Parmentier (medico francese, XVIII-XIX sec.) e Liebig (chimico tedesco, XIX sec.). Nel 1847 Antonin Câreme scrive un trattato gastronomico in quattro volumi, nella cui introduzione scrive che "l'on fait de la chimie quand on cuisine (si fa della chimica quando si cucina)”».
A Trieste il gruppo di Zanini studia la relazione tra la microstruttura dei cibi, il loro gusto, la loro durata e il loro comportamento. «In laboratorio cerchiamo di modificare la struttura di un cibo in modo che si comporti come vogliamo noi e inoltre collaboriamo per divertimento anche con dei cuochi». Per come la intendiamo oggi infatti la cucina molecolare nasce in Francia negli anni '80 per invenzione del chimico-fisico Hervé This. «La cucina molecolare per qualcuno è qualcosa di spettacolare, vedi il gelato fatto con l'azoto liquido, ma in realtà è la consapevolezza della relazione che c'è tra i processi chimici e il risultato che si vede nel piatto. Tanti strumenti provengono dalla cucina molecolare: i forni a induzione, quelli a microonde, la cucina sottovuoto a bassa temperatura.. Stiamo continuamente maturando maggiori consapevolezze sulle tecniche di cottura ed esse stanno modificando il nostro modo di cucinare prestando attenzione sia all'aspetto nutritivo che organolettico». Pensereste mai che un frullato di pomodoro sia più sano di un pomodoro colto dalla pianta? Il perché lo saprete a Trieste Next.
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