Corte d’Appello: numeri da primato ma futuro incerto

Indice di procedimenti conclusi rispetto alle cause in arrivo superiore al dato nazionale. L’incognita dei tagli d’organico
Di Matteo Unterweger
Silvano Trieste 25/01/2013 Incontro con il presidente della Corte d'Appello, Mario Trampus per presentazione contenuto della relazione per, l'inaugurazione dell'Anno Giudiziario 2013
Silvano Trieste 25/01/2013 Incontro con il presidente della Corte d'Appello, Mario Trampus per presentazione contenuto della relazione per, l'inaugurazione dell'Anno Giudiziario 2013

La Corte d’Appello di Trieste viaggia a una velocità superiore alla media nazionale. Per il sesto anno consecutivo, nel 2012 ha concluso più procedimenti di quanti non ne siano sopravvenuti di nuovi, realizzando il record di 1.869 definizioni nel settore penale a fronte di 1.579 nuove cause, in miglioramento rispetto al 2011 quand’erano state 1.721 e 1.580. Nell’anno giudiziario 2011-12, cioè nel periodo dal 1° luglio del 2011 fino al 30 giugno del 2012, sono state rispettivamente 1.753 e 1.690 nel penale (nel civile 1.732 e 1.599). Per un indice di ricambio, cioè numero di processi smaltiti su quanti ne sono arrivati, pari a 1,04 quando la media italiana è dello 0,89 (non a caso per il 2011 quella triestina è stata la quarta Corte d’appello nella graduatoria nazionale basata su questo parametro). L’indice di ricambio nel civile si è attestato a 1,08, anch’esso superiore all’1,04 nazionale. Ridotta, inoltre, la durata media dei processi in ambito penale a 629 giorni, con un progresso del 10,15%, e passi avanti tra l’8 e il 6,2% sono stati fatti pure nel settore civile. Un’efficienza certificata dai numeri: a presentarli ieri - alla vigilia dell’odierna inaugurazione dell’anno giudiziario 2013 (dalle 9 nell’aula della Corte di Assise) - il presidente della Corte d’Appello di Trieste, Mario Trampus, assieme al presidente dell’Ordine degli avvocati di Trieste, Roberto Gambel Benussi e a Renato Romano, dirigente della Corte d’Appello.

Il pericolo

Dati lusinghieri, frutto «dell’impegno dei magistrati e del personale amministrativo, che ha permesso di celebrare udienze sino alle 20», ha sottolineato Trampus. Questa sostenuta velocità di crociera rischia però di subire nei prossimi mesi una frenata brusca e obbligata, se verrà confermata la ridefinizione della pianta organica proposta dal Ministero della Giustizia e figlia dell’opera di revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Che, quanto a Trieste, nulla ha mutato. Nonostante ciò, sugli organici, però, il pericolo c’è ugualmente: il progetto ministeriale, al vaglio del Consiglio superiore della magistratura, prospetta una riduzione da 25 a 21 magistrati giudicanti per il Tribunale di Trieste e un pm in meno in Procura. Una riduzione che, se confermata (è stata chiesta una valutazione al Consiglio giuridico, riunitosi l’altro ieri sul tema), avrà delle ripercussioni con il rallentamento di una macchina che oggi procede a buon ritmo. L’hanno sottolineato sia Trampus sia Gambel Benussi.

Le difficoltà

E dire che già i risultati conseguiti sono stati raggiunti all’interno di una cornice che, di difficoltà, ne ha presentate. Le ha riassunte Romano: «Da dieci anni vi è un costante calo della pianta organica, passata dalle 827 unità del 2000 alle 793 del 2004 e alle 698 di oggi. E abbiamo pochissimi “quadri”, rilevanti scoperture dell’organico stesso e una crescita dell’età media dei dipendenti. Sempre meno anche le risorse finanziarie per il Tribunale: per spese d’ufficio 39.040 euro lo scorso anno contro i 108mila del 2011». A pesare, in positivo e in modo decisivo, sono stati quindi l’apporto di magistrati e personale amministrativo, la sobrietà nell’impiego delle risorse disponibili e i positivi rapporti con enti locali e professionisti, «in particolare con l’Ordine degli avvocati - ha specificato Romano - e la Regione, che mette a disposizione del distretto 16 funzionari».

L’analisi

«La finalità - ha spiegato Trampus - è quella di ridurre la durata dei procedimenti, il vero problema del sistema. Una durata eccessiva incide con l’attesa dei cittadini e costi finanziari. Per riuscirci, dunque, si è deciso di agire sul piano processuale e su quello strutturale-normativo. Con l’istituto della conciliazione obbligatoria, che a ottobre la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima. C’è poi la prospettiva di un filtro di inammissibilità in appello (e rinvio direttamente in Cassazione, ndr), posto che il 68% delle sentenze di primo grado viene poi confermata. Altra modifica è quella del risarcimento, fra 500 e 1.500 euro, per l’eccesso di durata di un procedimento e ulteriore istituto di riforma è la revisione delle circoscrizioni giudiziarie».

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