Corso Italia sottosopra per i lavori, scatta la protesta dei commercianti: «Vogliamo un risarcimento»

Affari crollati dell’80%. «Nessuna traccia degli sconti sulle bollette». C’è chi pensa di vendere, «ma chi compra?»   
Bumbaca Gorizia 22.12.2018 Corso Italia © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 22.12.2018 Corso Italia © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

TRIESTE «È una vergogna. Ci sentiamo abbandonati». Nemmeno il Natale riporta una parvenza di sorriso sui volti dei commercianti di corso Italia, del tratto disgraziato lasciato a metà. Gli affari hanno subito un crollo che sfiora l’80 per cento e più di qualcuno ha già contattato i propri legali per avviare una richiesta di risarcimento danni. Perché lavorare in quelle condizioni è diventato quasi un atto di eroismo in mezzo alla ghiaia, alla polvere che si infila dappertutto, alla tristezza.

«Quest’anno sarebbe servito, più degli anni passati, il tappeto rosso natalizio ma l’hanno lasciato nell’armadio. In questa maniera avrebbero coperto questa schifezza. Eppure, niente», osserva sconsolata Manuela Costantini del bar Metroquadro. «È una desolazione. Avevano detto che ci sarebbero venuti incontro con agevolazioni sui costi delle bollette ma non è arrivato nulla. Sono spariti 7 clienti su 10 ma le tariffe sono rimaste le stesse - osserva -. E non posso nemmeno pensare di mettere in vendita l’attività. Chi l’ha acquisterebbe in queste condizioni? Credo sia giusto ci venga riconosciuto un risarcimento». Anche perché, ai primi di gennaio, è un anno che quel tratto di corso è sottosopra. «Qui, stanno chiudendo tutti. E nemmeno il Natale riesce a migliorare in qualche modo la situazione - fa eco Manuela Samari del negozio Goldenpoint -. Ormai conviviamo con la ghiaia che finisce con il rovinare tutto il pavimento del negozio e, quando piove, fuori diventa uno stagno. Sono 36 anni che lavoro qua dentro e non ho mai passato un Natale così. Non ci sono più parole».

Daniela Gaiardo de “La Bottega verde” lancia un segnale al Comune e agli uffici tecnici. Segue con attenzione gli aggiornamenti sull’appalto con il (probabile ma non certo) coinvolgimento della ditta terza classificata alla gara ma, ad oggi, non ci sono punti fermi perché la «stampa - come dice il dirigente ai Lavori pubblici De Luisa - si lascerà anche scrivere» ma, alla fine, i commercianti hanno bisogno di certezze. Perché ne va del loro lavoro. «Facciano quello che vogliono, l’importante è che questo cantiere riapra al più presto. La cosa che ci fa più male è che nessuno, dal Comune, ci dice niente. E mi risulta che a pagare l’onda lunga del nostro disagio siano anche i commercianti del controviale che si trova dall’altra parte della strada. Siamo in centro ma è come se fossimo in una periferia abbandonata».

Un altro che ha vissuto pesantemente sulla propria pelle il “pasticciaccio brutto di corso Italia” è Gianfranco Mascalchin, titolare dell’edicola (rasa al suolo) che si trovava sul controviale. Ha atteso invano che il Comune lo rifornisse di una casupola in legno per proseguire l’attività e soltanto la generosità del caffè “Al Corso” che l’ha ospitato gli ha consentito di continuare a vendere giornali. «Il 31 dicembre è il mio ultimo giorno di lavoro. Vado in pensione», dice. Ma il suo è un sorriso amaro. Perché è consapevole che chi rimarrà, dovrà continuare a fare le nozze con i fichi secchi. «Qui ormai è il deserto dei Tartari. È un disastro. In tanti anni, non ho mai visto una situazione come questa. Gli amministratori e gli uffici comunali dovrebbero rendersi conto che i commercianti non hanno altre fonti d’entrata rispetto alle vendite...».

Adriano Gravner della gioielleria “Vorrei” è costretto a ripulire due volte al giorno il pavimento e gli scaffali. «Speriamo che la situazione si sblocchi perché lavorare così è impossibile».

Fra i due fuochi Gianluca Madriz, presidente di Confcommercio e titolare dello storico negozio “Model”. «Le ultime notizie in mio possesso dicono che entro l’anno dovrebbe firmare la ditta terza classificata per riavviare i lavori nelle prime settimane di gennaio. Ai colleghi dico di avere ancora un attimo non più di pazienza ma di resistenza. È durissima, lo so. E chiederò che venga dignità e pulizia anche alle attività già chiuse che danno un’immagine pessima e di abbandono a questo tratto».

È l’altro Natale, quello della polvere, della ghiaia e dei disagi. —


 

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