Coronavirus, un mistero la perdita del gusto
Se possa il coronavirus arrivare al cervello rimane ancora un mistero. E se non riesce a infettare i neuroni, come si può spiegare la perdita del gusto e dell’olfatto che accompagna in molti casi l’infezione? È dall’inizio dell’epidemia che ci si arrovella senza risposta intorno a questo problema.
Nell’uomo i sensi del gusto e dell’olfatto sono strettamente interconnessi. Entrambi iniziano dal legame delle molecole chimiche presenti nei cibi o nell’aria con specifici recettori presenti, per il gusto, nelle papille della lingua e per l’olfatto nell’epitelio del naso – nel nostro genoma sono oltre trecento i geni diversi che codificano per i recettori olfattivi, espressi da una serie di cellule posizionate nella regione superiore della cavità del naso. Queste cellule sono neuroni veri e propri fuori dal cervello; quando uno di questi viene attivato dalla presenza di una molecola chimica nell’aria, manda un segnale elettrico direttamente a una regione nel lobo frontale del cervello, chiamata bulbo olfattorio.
Olfatto e gusto sono strettamente coordinati, tanto che percepiamo spesso come gusto quello che in realtà stimola i neuroni dell’olfatto, creando quella sensazione comune che per i cibi, definiamo “sapore”. Nel corso di un’infreddatura invernale, ci sembra di perdere il senso del gusto ma in realtà perdiamo l’olfatto, perché il muco denso prodotto a causa dell’infezione impedisce alle molecole chimiche nell’aria di raggiungere i recettori sui neuroni del naso.
Come fa allora il coronavirus a causare la perdita di gusto e olfatto in una percentuale importante di individui, dal 20 all’80%, tanto che ormai questo sintomo fa parte di quelli ufficialmente associati alla diagnosi di COVID-19? Non ci sono grandi secrezioni di muco nel corso dell’infezione, né sembra che il virus infetti direttamente i neuroni olfattori nel naso, visto che questi non esprimono il recettore indispensabile per la sua entrata. Due studi recenti, uno revisionato e pubblicato e l’altro appena depositato negli archivi pubblici in attesa di valutazione, sembrano ora indicare che il virus potrebbe agire non direttamente sui neuroni olfattivi, ma sulle cellule che li circondano e che sono indispensabili per il loro funzionamento. Il fatto che siano le cellule di supporto a essere infettate sarebbe buona cosa, perché, se invece fossero i neuroni, risalendo le loro connessioni il virus potrebbe direttamente arrivare al cervello, come altri virus sanno fare. Rimane comunque sorprendente che la perdita di gusto e olfatto spesso sia l’unico sintomo in individui per il resto completamente normali, un mistero nel mistero di questo virus ancora così enigmatico. –
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