Coronavirus, tanti farmaci, ma ancora nessuno risolutivo
La ricerca di uno strumento che possa combattere efficacemente gli effetti nefasti della malattia sul nostro organismo
epa08381830 Catherine, nurse and Michal, anesthesiologist, providing care to a patient with COVID-19 in the intensive care unit on the Etterbeek-Ixelles site of the Iris Sud Hospitals in Brussels, Belgium, 24 April 2020.Countries worldwide increased their measures to prevent the widespread of the SARS-CoV-2 coronavirus which causes the COVID-19 disease while crucial businesses like grocery stores, pharmacies, public transportation and health services are still open. EPA/STEPHANIE LECOCQ
TRIESTE Clorochina, remdesivir, lopinavir/ritornavir, favipiravir: sono questi i farmaci ora considerati per bloccare la replicazione del virus, prima somministrati in maniera convulsa e compassionevole nelle rianimazioni e ora invece verificati in sperimentazioni cliniche controllate. Insieme a tocilizumab ed eparina, diretti non contro il virus, ma contro lo stato di iperinfiammazione e trombosi che il virus scatena, sono le uniche opzioni terapeutiche oggi a disposizione. Speriamo che qualcuno di questi funzioni, ma diciamolo chiaramente: difficilmente uno di questi sarà risolutivo.
Il problema di questi farmaci è che nessuno di loro è stato disegnato specificamente per questo virus. Come fare allora a svilupparne uno che funzioni davvero? I farmaci antivirali più efficaci che abbiamo a disposizione (ad esempio quelli contro l’herpes, l’Hiv o l’epatite B) hanno tutti come bersaglio un enzima del virus. Il coronavirus ha almeno due enzimi, quello che replica il genoma e un altro indispensabile per la maturazione delle sue proteine. Sono di fatto due le strade percorribili per bloccarli. La prima è quella di trovare al computer molecole in grado di inibirne la funzione. Esistono collezioni virtuali di milioni di composti chimici semplici e software in grado di analizzali. È come cercare, al computer, se il modello di una chiave entra nel modello di una toppa. La seconda strada è quella di fare questi screening per davvero, utilizzando di nuovo centinaia di migliaia di molecole chimiche stavolta reali, su piattaforme robotiche ad alta processività.
Nel caso di questo virus, esistono anche possibilità alternative. Josef Penninger a Viennna stava da anni studiando la proteina Ace2 per il suo potenziale effetto benefico sul cuore. Quando si è scoperto che questa proteina funge anche da recettore per il virus, è stato relativamente semplice provare se questa, una volta somministrata ad alte dosi, riesca a competere con il legame del virus alla cellula. Altri ancora stanno sviluppando anticorpi monoclonali contro il virus sperando di poterlo neutralizzare. Il problema di tutte queste nuove terapie è che ci vorranno molti mesi o addirittura anni prima di trovare le molecole giuste, sintetizzarle, migliorarle chimicamente, provarle prima in laboratorio e poi negli animali, studiarne la tossicità e infine sperimentarle nell’uomo.
Una scorciatoia però ci sarebbe: sperare che qualcuno degli oltre 3.500 farmaci già approvati nell’uomo per la terapia di altre malattie funzioni anche bloccando il coronavirus, in modo da potere immediatamente riposizionarne l’uso. La corsa dei laboratori di ricerca per trovare una molecola con questa proprietà è ormai diventata frenetica. –
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