Coronavirus, nuovo record in Croazia: balzo dei casi a quota 358
BELGRADO Crescono i contagi battendo nuovi record. Parallelamente aumentano i timori per il momento cruciale della prossima riapertura delle scuole. Che fa paura a molti genitori, suscitando discussioni accese e aspre critiche.
È lo scenario, speculare a quello italiano, che si sta sviluppando nei Balcani e in Croazia in particolare: qui ieri, per l’ennesima volta, si è battuto e di gran lunga il record del maggior numero di nuovi contagi nelle 24 ore, ben 358, di cui 138 nell’area di Spalato e 67 a Zagabria. Numeri che hanno spinto le autorità a introdurre già ieri nuove misure nelle zone più colpite, tra cui limitazioni agli assembramenti, compresi i funerali, mascherina ovunque al chiuso, stop a palestre e sport senza pubblico.
La scuola tuttavia riaprirà in presenza, in teoria il 7 settembre: lo ha confermato Zagabria lunedì, suggerendo come regole distanziamento, mini-classi come “bolle” separate dalle altre, lezioni più brevi, possibili turnazioni negli istituti con più alunni, isolamento e didattica a distanza (Dad) per tutta la classe se un allievo viene contagiato.
Ma secondo i media locali sono molti i genitori preoccupati, che fanno pressioni per tenere i figli a casa e chiedono lezioni online sempre. «Se la legge dice che la scuola è obbligatoria, è obbligatoria», ha chiuso le porte il ministro croato dell’Educazione, Radovan Fuchs, specificando che le autorità hanno previsto la Dad in caso di contagi, ma in generale «i bambini devono stare in classe». In classe con la mascherina dalla quinta elementare in su, se mantenere la distanza di 1,5 metri non è possibile: i dispositivi dovranno avere precise caratteristiche, divulgate ieri dall’Istituto di salute pubblica di Zagabria e vincolanti per i produttori.
Bambini e ragazzi dovrebbero tornare sui banchi anche in Slovenia (36 nuovi casi annunciati ieri) dal primo settembre, con focus massimo su distanziamento e igiene. Il ritorno a scuola rimane la priorità del governo, ha assicurato ieri il portavoce dell’esecutivo Jelko Kacin. «Ma se la situazione epidemiologica dovesse peggiorare in maniera significativa dovremo riconsiderare ciò», ha messo le mani avanti nei giorni scorsi la ministra dell’Educazione Simona Kustec.
Il primo settembre sarà il D-day anche in Serbia, che sta registrando un calo dei contagi rispetto a luglio e alla prima parte di agosto, ma che comunque osserva sempre circa 100-150 nuovi casi al giorno (ieri 154). Pure in Serbia si va verso un sistema misto: in classe i più piccoli, in classe e online i più grandicelli, tutti con mascherina e in gruppetti, a turni. Intanto sui social e sui gruppi Viber dei genitori c’è maretta tra chi vuole la scuola tradizionale – anche per poter tornare al lavoro – e chi vorrebbe solo la Dad. C’è addirittura chi non manderà i figli a scuola, in contestazione all’obbligo di mascherina. Critici anche i sindacati, che hanno parlato di «procedure non chiare» in caso di contagio e di «situazione caotica», chiedendo di posticipare l’inizio delle lezioni. Di certo, riaprire le scuole «comporta un rischio a prescindere dalle contromisure» ed è possibile una ripresa dei contagi, ha messo le mani avanti l’epidemiologo Predrag Kon.
Si va verso le scuole aperte anche in Kosovo, a scaglioni e in Bosnia, come pure in Albania e Romania, malgrado i tanti casi giornalieri, mentre in Montenegro si è deciso un rientro posticipato a ottobre. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo