Coronavirus, le Regioni di centrodestra pressano Roma: "Il Dpcm va cambiato". Fedriga: «Chi rispetta le misure deve poter riaprire».

I governatori scrivono al premier Conte per ottenere maggiore flessibilità laddove la situazione sanitaria lo consenta. Fra i firmatari anche il presidente del Fvg Massimiliano Fedriga
Massimiliano Fedriga
Massimiliano Fedriga

ROMA “Pare assolutamente necessario che l'attuale struttura del Dpcm 26 aprile 2020, imperniato su regole previste rigidamente in funzione della sola tipologia di attività economica svolta e con la possibilità di adottare, nelle singole regioni, solamente misure più restrittive, venga riformata in quanto non dotata della necessaria flessibilità capace di riconoscere alle Regioni, laddove la situazione epidemiologica risulti migliorata e i modelli previsionali di contagio in sostenuta decrescita, la possibilità di applicare nei loro territori regole meno stringenti di quelle previste a livello nazionale, con una compressione delle libertà costituzionali strettamente proporzionata all'esigenza di tutela della salute collettiva”.

Lo scrivono, in una lettera al presidente Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte, alle Camere e al ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, i governatori, tutti del centrodestra, di Lombardia, Piemonte, Liguria, Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Abruzzo, Molise, Abruzzo, e il presidente della provincia autonoma di Trento. Fra i firmatari naturalmente anche il presidente della Regione Frivi Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.

La posizione della Regione Fvg. Nel documento le Regioni di centro destra - rende noto Fedriga - avanzano la loro proposta al governo in un'ottica di leale collaborazione. «Facciamo presente che se la Fase 1 dell'emergenza Covid ha visto un accentramento dei poteri normativi in capo al Governo», questo accentramento «è stato responsabilmente accettato dalle Regioni a causa dell'assoluta emergenza e del principio di leale collaborazione tra livelli di governo». «Le Regioni rilevano però - si legge in una nota diffusa dalla Regione Fvg - che ora il protrarsi di risposte eccezionali, date rigidamente con atti del Presidente del Consiglio dei Ministri sprovvisti di forza di legge, potrebbe portare a criticità anche notevoli circa la tenuta di un impianto giuridico basato su atti amministrativi che sfuggono al controllo preventivo da parte del potere pubblico e costituzionale».

«Ciò che chiede il Friuli Venezia Giulia - prosegue la nota - assieme alle altre Regioni, è di giungere progressivamente ad una normalizzazione dell'emergenza, che consenta un ritorno agli equilibri democratici previsti dalla Costituzione».

Specificità epidemiologiche da considerare. Le amministrazioni regionali, riferisce la Regione Fvg, «hanno ribadito che ogni territorio ha le proprie specificità, sia da un punto di vista strutturale, sia da un punto di vista epidemiologico: essendoci, dunque, situazioni di oggettiva disomogeneità di condizioni sul territorio nazionale è necessario che si possano dare regolamentazioni differenziate, mettendo a punto un sistema di collaborazione tra governo centrale e governi regionali. Un ordinato sistema di regolazione dell'emergenza Covid dovrebbe portare il livello di governo centrale ad adottare la cornice di riferimento, prevalentemente con atti normativi primari, sottoposti al controllo parlamentare: tali atti potranno essere integrati da atti amministrativi (Dpcm) nello stretto limite di quanto previsto dalle competenze statali, o richiesto dal principio di sussidiarietà. Le prescrizioni concrete poste dal Governo centrale dovranno comunque lasciare uno spazio di regolazione alle Regioni, per adattare le previsioni alle specifiche condizioni dei territori».

Pressing per le riaperture. Nel documento che verrà consegnato al Governo - si legge nella nota - «si fa poi riferimento in particolare al mondo produttivo. Le Regioni condividono le fondate preoccupazioni delle categorie più volte espresse e ritengono sia assolutamente necessario che l'attuale struttura del Dpcm 26 aprile venga riformata in quanto non dotata della necessaria flessibilità capace di riconoscere alle Regioni la possibilità di applicare nei loro territori regolamento stringenti di quelle previste a livello nazionale, con una compressione delle libertà costituzionali strettamente proporzionata all'esigenza di tutela della salute collettiva».

«In sintesi - conclude la nota - le Regioni propongono, in presenza di una data situazione epidemiologica riscontrabile oggettivamente e certificata dall'Autorità sanitaria delle singole Regioni e sottoposta a uno scrupoloso controllo del Governo, di garantire la possibilità di poter riaprire l'attività a tutti coloro che rispettino le misure già previste dal decreto del 26 aprile e dai protocolli di sicurezza aziendali».

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