Coronavirus, l'appello di 350 anestesisti e rianimatori del Fvg: «Chiudere tutto subito, siamo quasi al collasso»

Allarme dei professionisti di tutto il territorio «Non è più tempo di titubanze e diplomazie: la situazione è grave. La politica abbia coraggio e chiuda come a marzo o il sistema non reggerà. I pazienti Covid sono così tanti che non ci sono posti per tutti» 

TRIESTE «Serve una decisione forte in grado di consentire al sistema sanitario di reggere perché siamo vicini al collasso con i posti reali di terapia intensiva, appena 45, pieni». Dopo l’allarme degli Ordini dei medici - che a livello nazionale hanno chiesto al governo di proclamare il lockdown totale -, ora sono gli Anestesisti e rianimatori, impegnati in prima linea tra Pronto soccorso e terapie intensive, a invocare delle decisioni forti.

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Una persona sottoposta a tampone


Alberto Peratoner, presidente regionale di Aaroi Emac (Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani emergenza area critica), ha inviato una lettera sottoscritta da 350 colleghi al governatore Massimiliano Fedriga e al vice Riccardo Riccardi nella quale, senza troppi giri di parole, denuncia una situazione ad altissimo rischio. «Non è più tempo di titubanze e di diplomatiche e circostanziali rassicurazioni - si legge nella lettera -. La situazione attuale è grave ed è tempo di decisioni e di atti concreti in grado di interrompere questa pericolosa china. Noi ci siamo e vi supporteremo ma solo con l’evidenza che dietro ci siano un’idea chiara e un progetto preciso in grado di incidere su questa pandemia a tutti i livelli e che sia chiaro che oggi non ci bastano monitor e ventilatori meccanici, ma ci serve in primis la collaborazione e la coscienza civica».



La criticità maggiore è al Pronto soccorso «dove il personale lavora senza sosta con un numero inimmaginabile di accessi di pazienti Covid - oltre ai normali accessi - ai quali è impossibile dare adeguato ricovero per l’assenza totale di posti letto. Gli operatori tutti sono allo stremo per fatica fisica, per ore lavorate ininterrottamente, per carico emotivo e stress correlato ed i pazienti vengono trattati ed assistiti nel miglior modo possibile che a volte è molto simile a quello di un ospedale di guerra dove le risorse disponibili sono decisamente e pericolosamente inferiori alle richieste».

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Italian Health Minister Roberto Speranza at the Chamber of Deputies during his speech on measures to counter the spread of Covid-19, Rome, Italy, 02 September 2020. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Non manca poi un passaggio sui posti letto delle terapie intensive, «completamente saturi», con 45 pazienti critici gravissimi. «Basta parlare di 175 posti intensivi e 100 semi intensivi: sono numeri suggestivi, eclatanti, confusi, confondenti e non reali. Non bastano i letti, i ventilatori ed i monitor, ma servono medici ed infermieri specializzati in questo ambito in numero adeguato come previsto da standard nazionali ed internazionali. Oltre alle terapie Intensive “normali” dove continuiamo a trattare i politraumi, gli choc, gli arresti cardiaci, le emorragie cerebrali e tutte le situazioni cliniche più gravi, che non si sono per nulla ridotte, oggi abbiamo in Fvg 45 pazienti gravissimi in più, ma avremmo bisogno probabilmente di altri 45 posti letto intensivi, vista la velocità con cui stiamo progredendo. Ma il personale adeguato e preparato per aprirli non c’è e non ci sarà a breve e questo è il vero problema oggi, che proviene da errate programmazioni nazionali e regionali, da miopi politiche di investimento e assunzioni, e da inadeguati preventivi piani pandemici». C’è poi l'invito a schierarsi al fianco del personale sanitario - oggi nel mirino - e insistere sul senso civico dei cittadini: «Finchè verrà concesso l’aperitivo di massa in via Torino a nulla serviranno altri 45 posti di Terapia intensiva e la riconversione di interi reparti ospedalieri in degenze per malati Covid».



Quindi l’appello a chiudere tutto come a marzo scorso. «Non è una scelta facile, lo sappiamo, sarebbe una sconfitta sociale ed economica ma non c’è più tempo se vogliamo salvare molte vite e il nostro sistema sanitario regionale da un collasso annunciato». —

 

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