Coronavirus, l'allarme di Dipiazza: «Quanti posti di lavoro perderemo a Trieste? Non dormo la notte se penso a questo tsunami»

Il primo cittadino di Trieste: «Temo ricadute tragiche sull’economia. La stessa TsTrasporti ha soldi per pagare solo due mesi di stipendi»

TRIESTE. «Siamo di fronte a un fenomeno tragico. Le fasce più fragili della popolazione e il piccolo commercio sono i fronti che mi preoccupano di più». Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ammette di parlare con «un pessimismo che non mi appartiene, ma che ora è dettato dall'essere realisti», saltando dall'emergenza migranti al bilancio, dagli appalti alla Ferriera.

Sindaco, l’emergenza coronavirus impatta anche a Trieste, una città con molti anziani e fasce di fragilità economica e sociale, che ora devono affrontare i rischi del contagio e le difficoltà della quarantena.

Non sono il tipo che va in televisione a fare il conto dei malati, ma indubbiamente è il peggior periodo della mia vita da sindaco. Ci sono persone che vivono in quattro in appartamenti di 60 metri quadrati. Persone che mi chiamano ogni giorno. Questo è quel che mi angoscia. Con l’assessore al Sociale Carlo Grilli stiamo facendo quanto possibile per dare risposte in una situazione senza precedenti.

L’impatto su economia e posti di lavoro?

Il presente lo affronteremo, mi preoccupa il futuro. Quanti posti salteranno? Siamo in una situazione in cui anche Trieste Trasporti ha due mesi di autonomia per gli stipendi. Poi ci sono gli ammortizzatori sociali, certo. Ma chi ha dieci dipendenti, come li paga a fine mese? Servirà un piano Marshall europeo e nazionale per far fronte a tutto questo».

Il commercio?

Per anni abbiamo tenuto frenato il rubinetto della grande distribuzione, dando concessioni graduali a fronte di grandi richieste, per consentire ai piccoli di vivere. Questo ora è uno tsunami. Non ci dormo la notte».

La macchina comunale come risponde?

Lo smart working sta funzionando ed è una cosa che mi fa sperare. Per molti dipendenti è addirittura uno sprone ad aumentare la produttività.

I migranti in piazza Libertà continuano a vagare in giro. La Diocesi parla di “emergenza nell’emergenza”.

Il vescovo mi ha chiamato. Sono in contatto continuo con il prefetto, il questore e il presidente Fedriga. Ho ben chiaro l'aspetto umano ma il problema è il solito di questo Paese, le carte: queste persone fin che non fanno domanda d'asilo non hanno uno status giuridico che mi consenta di firmare una delibera per risolvere il problema. Stiamo lavorando a una soluzione innovativa che non sarà ricorrere a un Cpr. Posso dir questo ora.

Le cooperative in appalto ai servizi comunali sospesi non hanno di che pagare i dipendenti.

Il mio indirizzo agli assessori è liquidare il più possibile. Anche qui non è così semplice: la mia non è una critica politica, ma questi decreti d'emergenza sono molto farraginosi, rendono difficile rispondere in tempi brevi.

Nel frattempo inizia la dismissione della Ferriera.

Da ieri è partito l’iter per chiudere la cockeria. Gli abitanti del quartiere si aspettino rumori insoliti ma non si preoccupino, è parte del processo. Non mi prendo meriti, ma oggettivamente è un grande risultato: per l’area, che grazie al porto potrà vedere un nuovo sviluppo, e per il quartiere. Chiedo venia della banalità, ma a Servola si respirerà aria nuova.

Il Consiglio si accinge a votare il bilancio. Per l’opposizione il documento è datato alla luce della crisi.

Inutile pensare di mettersi a riscriverlo, avremmo finito per votarlo nel 2021. Approviamo questo, poi le variazioni le faremo mettendoci a un tavolo con lo Stato e la Regione, in interventi coordinati. E saranno misure condivise dal sindaco con tutta l'aula, maggioranza e opposizione. —

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