Coronavirus, in Slovenia regioni sigillate ma confini aperti

La conferma del ministro degli Interni Hojs: «Il consiglio però è di stare a casa e muoversi solo per casi di urgenza»
Slovenija, Brnik, 21.03.2020, 21. marec 2020 Policist nadzoruje žensko z masko, obrazna maska , nadzor, gibanje, koronavirus, Covid 19 Foto: Žiga Živuloviæ jr./BOBO
Slovenija, Brnik, 21.03.2020, 21. marec 2020 Policist nadzoruje žensko z masko, obrazna maska , nadzor, gibanje, koronavirus, Covid 19 Foto: Žiga Živuloviæ jr./BOBO

LUBIANA. Regioni chiuse come barattoli sotto vuoto, ma confini aperti. È questo l’ossimoro che spunta in tutta evidenza dopo l’entrata in vigore delle nuove restrizioni anti Covid-19 proclamate dal governo della Slovenia poche ore dopo la dichiarazione di stato di epidemia nazionale. Ricordiamo le parole del premier Janez Janša con cui spiegava di voler prendere un’eventuale decisione di chiusura dei valichi in pieno accordo con l’Unione europea per evitare il muro contro muro che si è avuto a primavera, soprattutto con la Croazia.

Chi abita nella regione metropolitana di Lubiana, ad esempio, non può raggiungere il confine perché dovrebbe attraversare altre regioni e ciò è proibito. Ma riguarda un bel po’ di gente che abita nelle aree di confine con Ungheria, Austria, Croazia e Italia. Per i lavoratori transfrontalieri, studenti e per chi abbia una proprietà (agricoltori soprattutto) non ci sono problemi di sorta, si può arrivare in Italia e dall’Italia andare in Slovenia, ma il ministro degli Interni Aleš Hojs ha detto a Rtv Slovenija che «sconsiglia fortemente di recarsi in Italia se non ci si trova nelle situazioni previste dal famoso decalogo che permette gli spostamenti anche all’interno della Slovenia».

La parola d’ordine è: «State a casa». Il coprifuoco gli esperti virologi volevano applicarlo dalle 22 alle 5, ma l’esecutivo, su precisa richiesta del premier Janša, ha deciso di attuarlo dalle 21 alle 6 in base alle esperienze già avviate da Francia, Belgio e Olanda. Il governo di Lubiana ha dichiarato guerra a quelli che da noi chiamiamo «esiti da movida» e qui in Slovenia chiamano con più neutralità «contagi notturni». «Ciò che è urgente sarà possibile», ha detto chiaramente il ministro Hojs, aggiungendo che il controllo del rispetto dell'ordinanza sarà responsabilità della polizia e degli ispettori, che determineranno con relativa facilità se «la tua intenzione è seria o se vuoi semplicemente violare l'ordinanza».

Il decreto vieta anche tutti gli eventi, le messe con fedeli, i matrimoni in tutte le regioni, anche nell'unica regione arancione, la Carsico -costiera. Il governo ha anche ritirato l'attuale regola secondo cui i residenti possono continuare a spostarsi dalla regione arancione a quella rossa, quindi da Capodistria non si può più raggiungere Lubiana, mentre viceversa era già vietato da alcuni giorni.

Come risultato della misura, i dettaglianti modificheranno il loro orario di lavoro e nella maggior parte dei negozi le porte verranno chiuse prima delle 21. Molto probabilmente gli orari verranno modificati anche dalle stazioni di servizio. Petrol ha annunciato che per il momento non introdurrà alcun cambiamento nelle operazioni, ma la situazione potrebbe cambiare nei prossimi giorni.

Omv pubblicherà regolarmente eventuali modifiche sul proprio sito web. Quello iniziato la scorsa notte è il primo coprifuoco che viene imposto in Slovenia dopo la Seconda Guerra mondiale e c’è già chi è certo che il provvedimento che lo ha deciso sia incostituzionale, come l'avvocato Andraž Teršek il quale assieme al collega di Kranj, Damijan Pavlin ha depositato una richiesta alla Corte costituzionale per rivedere la costituzionalità dell'ultimo decreto governativo sulla restrizione parziale temporanea dei movimenti umani e le disposizioni dell'articolo 39 della legge sulle malattie infettive. Dalle pandette agli ospedali la situazione si aggrava in maniera esponenziale.

Nelle ultime 24 ore ci sono stati 794 nuovi contagi su 4.326 tamponi effettuati. Le autorità competenti sono principalmente preoccupate per il numero dei ricoverati, in quanto il problema non sono solo i letti, ma soprattutto il personale appropriato per lavorare con questi pazienti. Sarebbero necessari, infatti, 50 infermieri per ogni dieci pazienti in terapia intensiva.

Negli ospedali sloveni ci sono attualmente 100 posti letto di terapia intensiva disponibili per pazienti affetti da Covid-19 e, se necessario, questa capacità può essere estese a 136 posti letto, secondo il ministero della Salute. Il Centro clinico universitario di Lubiana ha preparato un piano in caso di un ulteriore balzo dei contagiati nel Paese. Nella prima fase è previsto il trasferimento dei pazienti dalla clinica per malattie infettive che non hanno Covid-19 nei locali dell'ospedale Peter Držaj nel rione Šiška della capitale. 

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