Coronavirus Fvg: quando l’adesione al test sierologico fa flop, dalla Croce rossa agli insegnanti
TRIESTE Si parte con l’entusiasmo degli annunci, si finisce con la presa d’atto del fallimento. Sin qui è andata così per i test sierologici su base volontaria per monitorare la diffusione del coronavirus. Campagne messe a punto dal governo, ma gestite operativamente dai territori. Con risultati, pure in Friuli Venezia Giulia, decisamente inferiori alle attese.
Per prima ci ha provato la Croce Rossa. Era fine maggio quando Massimiliano Fedriga, il governatore, e Riccardo Riccardi, il vice con delega alla Salute, annunciavano il via all’indagine di sieroprevalenza per il Covid-19, la campagna per la mappatura del contagio. I dati raccolti, era l’auspicio, «consentiranno di comprendere meglio le dinamiche di diffusione del virus e di stimare quanti soggetti potrebbero avere contratto la malattia pur asintomatici». Un inizio incoraggiante, a sentire la Cri regionale, incaricata di gestire le operazioni: «Nella prima giornata dei contatti telefonici con i cittadini del Fvg selezionati dall’Istat per effettuare i test sierologici utili a mappare la diffusione del coronavirus, l’adesione ha sfiorato il 100%». Insomma, sembrava a portata di mano il traguardo del 78% all’interno del campione di 7.900 residenti, di cui 1.502 a Trieste e 912 a Gorizia. E invece, un intoppo dopo l’altro, non c’è stato più spazio per l’ottimismo. E poco a poco sono scomparse pure le informazioni su una campagna che si è deciso di allungare, ma senza che le cose cambiassero granché. Prima gli intoppi sul portale ministeriale, poi le perplessità degli utenti contattati da un prefisso telefonico romano, confuso con le chiamate pubblicitarie dei call center. E ancora la preoccupazione di più di un sorteggiato sul rischio di ritrovarsi positivo, in isolamento e senza la possibilità di lavorare.
Un riassunto finale dell’indagine in regione non è mai stato comunicato. L’ultimo aggiornamento, quando ancora si procedeva ai prelievi, parla di un’adesione attorno al 40%, superiore alla media del Paese, ma molto lontana dall’obiettivo iniziale.
Poi è arrivato il test sierologico nel mondo della scuola. La Regione ha informato di una risposta del 48% di insegnanti e personale Ata e solo del 22% da parte dei medici di medicina generale. Un’altra campagna a ostacoli. Perché alcuni lavoratori, rimarcano i sindacati, si sono ritrovati con la reale difficoltà di prenotare il test causa intasamento delle linee telefoniche, mentre più di un medico si è tirato fuori in assenza di indicazioni su come trattare le positività. Ma non c’è dubbio che, anche in questo caso, i rifiuti sono stati molto più numerosi di quanto ci si potesse aspettare. Gli stessi sindacati si erano lasciati sfuggire previsioni attorno al 70-80% e invece, eccezion fatta per l’area gestita dall’azienda sanitaria Friuli Occidentale, dove si è toccato il 76%, si è andati dal 33% dell’area udinese al 47% della Venezia Giulia.
E c’è poi il caso dei medici di base. Hanno dato la loro disponibilità in non più di uno su cinque su scala regionale: dal 16% del Friuli Centrale al 34% del Friuli Occidentale, con il 19% di Asugi. In Regione, nei confronti della categoria, non manca il malumore, anche se si evitano dichiarazioni polemiche. Tanto più alla vigilia di una campagna vaccinale antinfluenza, di cui i mmg saranno necessariamente i protagonisti, che diventa quest’anno importantissima per ridurre le complicanze nei soggetti a rischio e gli accessi al pronto soccorso in settimane di presumibile circolazione pure del coronavirus. —
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