Coronavirus, firmata l’ordinanza bis di Fedriga: le scuole superiori in Fvg restano ancora chiuse

La Regione risponde alla sentenza del Tar che aveva imposto il ritorno in classe. Emanato un nuovo provvedimento che conferma lo stop fino alla fine del mese. A sostegno della linea della giunta vengono elencati i pareri della task force Salute e degli esperti dell’Iss. Il governatore: «Se riaprissimo ora si correrebbe il rischio di uno sproporzionato aumento del tasso di ospedalizzazione»
Il presidente Fedriga e il vicegovernatore Riccardi
Il presidente Fedriga e il vicegovernatore Riccardi

TRIESTE. Non si torna in classe alle superiori, non ancora. Il rischio, dice Massimiliano Fedriga con i dossier sanitari in mano, «è di uno sproporzionato aumento del tasso di ospedalizzazione». Il governatore riscrive dunque un’ordinanza che conferma la didattica a distanza nelle scuole secondarie di secondo grado del Friuli Venezia Giulia fino al 31 gennaio.

Lo fa come risposta immediata della Regione alla decisione del Tar di sospendere l’ordinanza regionale del 4 gennaio che ha rinviato il ritorno in aula da lunedì 7, in accoglimento del ricorso di alcuni genitori che si sono visti dare ragione sulla tesi della didattica a distanza come elemento potenzialmente «dannoso per la salute psico-fisica dei giovani allievi interessati».

La reazione dell’amministrazione regionale è stata subito contraria a quella che è stata ritenuta un’intromissione della magistratura, tanto più nei passaggi della sentenza in cui l’ordinanza di inizio anno viene contestata perché non motiverebbe in maniera chiara la relazione tra la maggiore diffusione del coronavirus e la presenza in classe degli studenti delle superiori.

Anzi, scrive Oria Settesoldi, presidente del Tar regionale: «La scelta di non permettere l’apertura delle scuole secondarie dovrebbe ritenersi irrilevante rispetto ai dati di contagio perché, essendo le stesse chiuse dal 16 novembre scorso, sarebbe evidente che la frequenza scolastica non avrebbe avuto alcuna incidenza al riguardo». Affermazione che la giunta regionale non condivide, tanto da ribadire pure nell’ordinanza firmata da Fedriga nella serata di sabato 16 gennaio che è proprio la diffusione del virus sul territorio a imporre da lunedì 18 e almeno fino a domenica 31 gennaio la chiusura di licei e istituti professionali di tutto il Friuli Venezia Giulia.

A supporto si fa riferimento ai dati elaborati dalla task force della direzione Salute, dai quali emergono «cinque tipi di evidenze che proiettano per il mese di gennaio un peggioramento negli indici di infezione e un'allerta sulla sostenibilità del Ssr».

Ma le “prove” della scuola come possibile fattore di contagio arrivano anche da un report dell’Istituto superiore di sanità «che fotografa la situazione in Italia al 30 dicembre 2020 secondo cui vi è una sostanziale flessione dell'incidenza nella classe di età 14-18 nella nostra regione e in gran parte del Nord Italia coincidente con l’introduzione della didattica a distanza e contemporaneamente un continuo aumento dei focolai scolastici tra settembre e il 13 dicembre in Friuli Venezia Giulia».

Nulla di troppo diverso da quanto scritto il 4 gennaio, ma Fedriga spiega appunto che si tratta di una rinnovata convinzione di avere agito nella direzione giusta: «Non abbiamo fatto altro che motivare con maggior dettaglio e con ulteriore supporto di dati scientifici la necessità di posticipare l'avvio dell'attività didattica in presenza».

E ancora: «Riteniamo che, sulla scorta delle evidenze epidemiologiche di queste ultime due settimane in cui si rilevano un peggioramento della curva dei contagi e una maggiore pressione sulle strutture ospedaliere, il riavvio delle lezioni in aula non sia compatibile con la salvaguardia della salute di tutti. Gli stessi valori a supporto dell'ordinanza sono quelli che il comitato tecnico scientifico ha preso in esame e in base ai quali ci ritroveremo da questa domenica in zona arancione».

Un atto, quello del presidente, che punta a superare i rilievi mossi dai giudici del Tar: l’intenzione è di non aprire uno scontro istituzionale e di convincere pure la magistratura della bontà di una scelta che è conseguenza, precisano anche gli assessori alla Salute Riccardo Riccardi e all’Istruzione Alessia Rosolen, esclusivamente delle raccomandazioni della comunità medica e delle elaborazioni formulate dagli esperti e non dell’impreparazione dell’amministrazione.

I piani per i trasporti scolastici sottoscritti dai prefetti, assicura Rosolen, «erano pronti per tempo, già il 4 gennaio scorso». Ma, al tempo stesso, si gioca sui tempi. Se ci sarà un altro ricorso e se il Tribunale amministrativo regionale deciderà di intervenire con una sentenza nuovamente contraria alla Regione, la giunta si sarà avvicinata al 31 gennaio, auspicabilmente l’ultimo giorno di computer e tablet da casa per collegarsi con i professori, vigilia del ritorno in aula, anche alle scuole superiori, di lunedì 1 febbraio. 


 

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