Coronavirus, a Trieste Cral e Ferroviario si arrendono: «Impossibile aprire i nostri stabilimenti»

La stagione balneare dei due circoli non partirà. Per il Dlf è la prima volta in 95 anni. «Norme e costi insostenibili»
Una veduta dello storico bagno ferroviario (Lasorte)
Una veduta dello storico bagno ferroviario (Lasorte)

TRIESTE Non lo aveva fermato neanche la seconda guerra mondiale, lo hanno costretto alla resa l’emergenza Covid-19 e le norme «troppo restrittive». Il bagno Ferroviario di Trieste per la prima volta negli ultimi 95 anni non aprirà. E così sarà anche per i “vicini di casa” del Cral. Ad annunciare la decisione sono, con le lacrime agli occhi, Claudio Vianello, presidente del Dlf Trieste, e Lorenzo Deferri, alla guida del Circolo ricreativo dell’Autorità portuale.

«Lo stabilimento resterà chiuso e mi sembra evidente debba essere così – spiega Vianello – viste le regole imposte. Noi abbiamo 2 mila metri quadrati e il 70% di questi non potremmo usarlo. A ciò vanno aggiunti i soldi per raddoppiare il numero dei bagnini e aumentare il personale all’ingresso. Si sommano inoltre i lavori da fare: la manutenzione ordinaria va dai 15 ai 20 mila euro, poi ci sono 22 mila euro di adeguamenti, 33 mila sulle cabine. Oltre a, come detto, 40 mila euro per i bagnini. Se per caso dovesse arrivare un altro lockdown, significherebbe un passivo di 90 mila euro impossibile da recuperare. Abbiamo già speso 14 mila euro di locazione e credo dovremo pagare 3 mila euro di Imu non essendoci una situazione chiara. Abbiamo acquistato il nuovo registratore di cassa a 800 euro e fatto l’abbonamento per la connessione internet a 72 euro al mese».

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I gestori di bar e ristorante hanno già comunicato ai clienti la decisione di chiudere. Oltre al timore di un possibile nuovo lockdown, i conti non tornano vista la riduzione degli spazi fruibili del 70%. «Abbiamo 4.500 soci – prosegue il presidente del Dlf –, al bagno contemporaneamente possono stare in 300, con le nuove regole potrebbero entrare al massimo in 90. Il biglietto di ingresso costa 6 euro, i bambini fino a 11 anni non pagano ed esiste una tariffa ridotta per chi arriva a pomeriggio inoltrato». E c’è poi il rischio di una denuncia penale per i presidenti nel caso dovessero esserci dei contagi.

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Questa, confermano Vianello e Deferri, è la pietra tombale sulla stagione. Così dunque anche al Cral, dove i numeri degli accessi sono poco più bassi. «Da noi contemporaneamente possono stare al mare 250 persone, con le regole anti-contagio ne perdiamo di più rispetto al Ferroviario in quanto lo spazio è ristretto. Con tutte le modalità imposte è impossibile pensare di far partire la stagione. Abbiamo 420 tessere, sono però familiari e dunque le persone che possono accedere sono pressoché il doppio in teoria, e si paga un abbonamento annuale. Spiace per tutta la socialità del circolo: penso alle signore e ai loro tornei di burraco, ai campi gioco dei bambini e a tutti i momenti insieme».

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Le regole impongono una sanificazione quasi costante degli spazi comuni, una distanza di quattro metri e mezzo tra gli ombrelloni e una separazione di ingressi e uscite con la creazione di tornelli. Le app restano complesse da realizzare e soprattutto da usare per la clientela anziana dei due stabilimenti. Esistono norme ferree sui fornitori e sugli accessi, a complicare il tutto ulteriormente. A questo si aggiungono le difficoltà per arrivare in zona, non potendo contare sugli autobus i quali hanno una capacità ridotta e con il solo parcheggio del Bovedo al momento a disposizione.

Chiaramente se dovessero cambiare le norme, i due presidenti sarebbero pronti a riaprire. Il destino sembra però segnato. C’è comunque un appuntamento da non cancellare nell’agenda di Deferri ed è quello della Barcolana: «Ogni anno ospitiamo gli amici di Unitalsi (associazione che si occupa di disabilità, ndr) nel nostro stabilimento, speriamo di non doverci rinunciare». —


 

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