Cormons, il calzolaio Eugenio va in pensione con la sua storica bottega

Arrivato nel 1959 da Barisardo (Sardegna) per il servizio militare a Cormons scelse di rimanere abbinando il mestiere di ciabattino alla fabbrica 
Eugenio Puddu nella sua bottega
Eugenio Puddu nella sua bottega

CORMONS Ha chiuso i battenti a Cormons uno degli ultimi calzolai del territorio. Eugenio Puddu, uno degli artigiani storici della città, si potrà godere ora la meritata pensione. Il suo esercizio in via Matteotti era angolo d’altri tempi: l’arte di saper aggiustare uno stivaletto o di inserire la suola giusta per un determinato tipo di scarpa, oppure la capacità di ricucire un buco in un mocassino. Le abili mani di Puddu lo sapeva fare e per sessant’anni hanno servito generazioni di cormonesi (ma non solo, visto che la clientela arrivava un po’ da tutta la provincia di Gorizia e pure dall’Udinese).

In un mondo di multinazionali e grandi centri commerciali, la piccola bottega di Puddu rappresentava quasi una “missione”: quella che le cose, anche un semplice paia di scarpe troppo spesso buttate, possono essere aggiustate e riparare con pazienza e dedizione. La bottega di Eugenio mancherà a Cormons e rappresenta uno spaccato del territorio. Perché la storia di Puddu è quella di una generazione di emigranti, arrivati in Friuli per contribuire alla crescita del Paese. A raccontarla non è Eugenio ma il figlio Danilo che, in questo modo, vuole fare anche una sorpresa al padre, che a luglio festeggerà 84 anni.

«Mio papà – racconta Danilo – è nato nel 1937 a Barisardo, in provincia di Nuoro. Dalla Sardegna a Cormons è arrivato nel 1959 per svolgere il servizio di leva. Dopo il congedo è rimasto in paese per svolgere l’attività di calzolaio: inizialmente trovò alloggio presso una famiglia cormonese, in seguito prese in affitto l’abitazione dove ha risieduto fino ad oggi».

Ecco che il mestiere di ciabattino per Puddu diventò il modo per campare e anche per dare un contributo al paese che lo aveva accolto prima da militare e poi da cittadino. «Ma mio padre non ha lavorato solo a Cormons e non solo come calzolaio, professione che ha svolto anche nelle vicine Romans e Medea: nei periodi più difficili, infatti, ha affiancato a questo impegno anche quello del lavoro in fornace e in fabbrica, negli anni Sessanta», ricorda ancora il figlio Danilo.

Una vita di dedizione al lavoro, insomma, con quella bottega e un mestiere d’altri tempi che lo vedevano immerso in mezzo a scarpe, scalpelli, cuoio, pelle, tacchi, chiodi e colle per sistemare le scarpe dei cormonesi. —

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