Coppia uccisa, spunta un teste chiave

Ai raggi X le vite dei fidanzati. Si indaga anche sul giro delle amicizie milanesi. Eseguita l’autopsia
Trifone Ragone e Teresa Costanza in una selfie
Trifone Ragone e Teresa Costanza in una selfie

È sulla storia personale di Trifone Ragone e Teresa Costanza e sugli ambienti frequentati dal “periodo milanese” a oggi che si concentrano le indagini dei carabinieri, che non trascurano, tuttavia, le piste del corteggiatore o della corteggiatrice delusa in locali notturni, della malavita organizzata, di un traffico di anabolizzanti di cui potrebbero essere stati scomodi testimoni, di gelosie o sgarbi in ambito lavorativo.

Quattro giorni dopo il delitto gli inquirenti contano su un teste chiave, che finora non si è presentato, e sulle «attività tecniche» autorizzate dalla Procura a tutto campo. A questo punto matura pure l’ipotesi che un’eventuale soluzione del caso sfoci in un ipotetico processo «di carattere indiziario». Dall’autopsia sulle salme della coppia, durata sette ore e mezza, sono venute solo conferme sulla ricostruzione del delitto.

Relazioni sociali
«L’analisi della rete delle relazioni sociali potrebbe dare alcune indicazioni», ha ribadito il procuratore Marco Martani. Sul punto, un episodio è al vaglio dei carabinieri. E’ il 6 dicembre 2013 quando un imprenditore della movida milanese riceve via Facebook una richiesta di amicizia dalla giovane assicuratrice bocconiana. Due giorni dopo, un altro messaggio, stavolta in privato: «Stai affogando nelle tasse? Perché? Se vuoi ho un paio di soluzioni». L’imprenditore è sorpreso: dalla proposta di serate si passa ad altre di carattere economico, e lascia cadere il dialogo. Sono passati quasi due anni, ma gli inquirenti stanno cercando di chiarire se la donna, oltre che nel campo assicurativo, agisse anche in altri ambiti.

Gelosia o mafia le piste del doppio delitto
La coppia di fidanzati trovati uccisi a Pordenone

L’analisi dei conti correnti bancari potrebbe dare risposte.Ricostruire la vita della coppia sarà laborioso e presuppone tempi lunghi. L’amica pordenonese rivela di avere trascorso decine di serate con Teresa, ma di non averne mai incontrato il fidanzato. «Tra donne è normale», dirà agli inquirenti. Ci sono, poi, le relazioni che il militare avrebbe intrattenuto con donne anche più anziane. Facebook e altri social network, cellulari, computer, montagne di corrispondenza, sms e mail: tutto materiale al vaglio dei carabinieri che ne determineranno anche la scansione temporale. «Non stiamo cercando indizi di colpevolezza a carico dei poveri ragazzi, che non presentano alcuna macchia, ma solo il punto di congiunzione, che può essere anche assolutamente casuale, tra le loro esistenze e quella del killer», dicono.

I testimoni
Sono tre, pur prive di conferme ufficiali, le testimonianze ritenute interessanti, ma non determinanti alla soluzione del giallo. La prima riguarda un ragazzo che sarebbe stato notato, la sera del delitto, stazionare in prossimità del parcheggio di via Interna e dell’entrata della palestra. La seconda farebbe riferimento ad un’auto di colore scuro, verosimilmente un’Audi, che sarebbe stata vista transitare nel parcheggio accanto alla Suzuki Alto delle vittime; dentro, un uomo e una donna, che si sarebbero allontanati in tutta fretta. La terza. Una barista avrebbe parlato di un cliente, sconosciuto, che, quel pomeriggio, le avrebbe chiesto il telefonino. Dopo un colloquio dai toni accesi, avrebbe restituito il cellulare non prima di avere cancellato il numero chiamato. Numerose persone sono state sentite anche ieri nella caserma del comando provinciale dei carabinieri. Nessuna testimonianza è stata ritenuta risolutiva, tanto che il procuratore ha rinnovato l’appello a segnalare qualsiasi episodio o situazione sospetta. Vagliati migliaia di frame della videosorveglianza: «Al momento ci indicano figure anonime: se avessimo qualche indicazione più precisa passeremmo a cercare volti e mezzi specifici».

Autopsia
Gli esami autoptici, prima sulla salma della trentenne poi su quella del ventottenne, sono cominciati alle 11.30 e si sono conclusi alle 19; vi hanno partecipato l’anatomopatologo Giovanni Del Ben e il collega Paolo Fiorentino nonché il perito balistico Pietro Benedetti, noto per avere partecipato alle indagini su Marta Russo, Carlo Giuliani e sul caso Unabomber. Non hanno fatto emergere alcun colpo di scena rispetto a quanto era già emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’agguato: sei i colpi sparati, monodirezionali e su due traiettorie; tre proiettili a bruciapelo hanno colpito l’uomo alla tempia e alla mandibola. Tre colpi anche alla donna, ma solo due sono andati a segno. La terza ogiva è stata recuperata all’esterno dell’auto. L’analisi dei proiettili permetterà di risalire al modello di pistola usata per il delitto.

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