Coop, si spacca il vertice Silurato Della Valle

Nessuno sa al momento, e se forse già lo sa se ne guarda bene dall’osare a dirlo pubblicamente, quanti degli attuali 700 dipendenti delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli potrebbero andarsene, da prepensionati o da cassintegrati, una volta pronto (e sarebbe questione di un mese o anche meno) il nuovo piano industriale anti-crisi vincolato al “matrimonio” con le cooperative rosse che fanno capo alla LegaCoop nazionale di Bologna e sono incarnate dal colosso Coop Nord-Est. Per intanto, però, salta una prima testa. E spunta così una prima certezza. Prima in tutti i sensi. Il Consiglio d’amministrazione, infatti, ha appena deciso di far fuori il dipendente numero uno, per gerarchia e stipendio: il direttore generale Pier Paolo Della Valle.

Sono tre i perché del siluramento che si sentono rincorrere in queste ore davanti e dietro le quinte. Il motivo formale, anche perché contenuto in una mozione di sfiducia allo stesso dg discussa martedì sera nell’ultimo Cda (si legga qui sotto, ndr), è che il capo operativo di una “baracca”, se a questa stanno cedendo le fondamenta patrimoniali, mangiate da bilanci in rosso pur in un momento storico di crisi globale dei consumi, non può che finire in cima al banco dei colpevoli, a prescindere dal suo grado di colpevolezza. Un po’ come l’allenatore della squadra di calcio a corto di risultati che paga per tutti con l’esonero.
La ragione sostanziale, che da più parti si dice viaggi in parallelo a quella formale benché non compaia nella mozione, è che nel corso del 2014 i rapporti di lavoro (e conseguentemente personali) tra Della Valle e il presidente del Cda Livio Marchetti pare si siano progressivamente e irrimediabilmente consumati. Il dg, in particolare, avrebbe assunto una posizione critica verso la strategia del “matrimonio” con le coop rosse imboccata da Marchetti e dal Cda, e incoraggiata da uno storico filo-governativo di “peso” come Augusto Seghene, e avrebbe addirittura tentato d’imbastire per conto proprio delle trattative (non andate poi a buon fine) per la cessione d’un paio di capannoni in zona industriale, tra cui il grande magazzino d’ortofrutta della controllata Reparto 7, pur di recuperare liquidità nel nome della tradizionale autonomia delle Coop operaie triestine dal sistema cooperativo italiano.
Il terzo perché non è formale, potrebbe avere pure poco di sostanziale e sconfina nella fantapolitica industriale ma, se ci si pensa, da un punto di vista logico non fa a sua volta una grinza. La LegaCoop di Bologna, davanti al “Sos” lanciato dalle Coop operaie, ha risposto presente: evitare il collasso di una realtà pur periferica vuol dire salvaguardare la credibilità di tutto un mondo, il sistema cooperativo appunto, che poggia oggi la sua tenuta finanziaria anche sul prestito sociale, cioè sui risparmi che i consumatori decidono di affidare a una coop piuttosto che a una banca. Ma, a fronte di un aiuto immediato, la LegaCoop avrebbe pure chiesto contropartite sotto forma di garanzie, e tra queste si narra figurasse pure la sostituzione del management, o per lo meno di una parte di esso, a cominciare dal direttore generale, da surrogare con una figura di fiducia, una sorta di “commissario” calato da fuori Trieste. Se tale interpretazione sia più o meno verosimile - o figlia più che altro di qualche suggestione fuorviante - lo si saprà, presumibilmente, nel momento in cui sarà nominato il successore di Della Valle, la cui posizione, al momento, risulta vacante.
Ieri mattina una circolare ai dipendenti prefigurava in effetti qualche spostamento interno nell’organigramma apicale e ne certificava soprattutto la scomparsa dello stesso dg uscente, senza tuttavia una contestuale sostituzione. È stato questo il primo segnale lanciato dal Cda dopo la seduta che si è chiusa per l’appunto martedì sera con l’approvazione di un documento di “sfiducia” a Della Valle in cui si è preso atto della mozione di tre consiglieri che andava in questo senso e in cui è stato dato mandato a Marchetti di verificare la sussistenza delle condizioni per una risoluzione consensuale, “pacifica”, del contratto del direttore generale. La base della trattativa, secondo il contratto dei dirigenti, è di 24 mensilità . Due anni di stipendio per il mancato preavviso. Ma non è detto sia così facile, e automatico, che finisca così. Perché, qualunque sia la vera ragione del siluramento di Della Valle, si è pur sempre trattato di una resa dei conti nelle stanze dei bottoni delle Coop operaie.
@PierRaub
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