Coop, Paoletti: «Meglio una sola cordata triestina»
«Finora ho assistito a un dibattito a senso unico, lancio semplicemente un sasso, e mi metto a disposizione». Antonio Paoletti irrompe nella partita Coop come uno di quei giocatori imprevedibili mandati in campo a pochi minuti dalla fine per provare a ribaltare un risultato scritto. La “mission”, magari non proprio “impossible” ma comunque molto difficile, di cui si fa interprete il numero uno della Trieste economica (qui però in veste di presidente Confcommercio e non di capo della Camera di Commercio) è evitare che le Coop operaie siano salvate con un’opzione “spezzatino”, su cui l’interesse “forestiero” di Coop Nordest e Conad (ma non solo) resta per la cronaca di gran lunga il più accreditato, e cercare anzi la soluzione “autoctona”. Evocando cioè una cordata locale in grado di rilevare la più grande azienda della città, di conservarne così la triestinità e di “difendere” a quel punto sia l’occupazione diretta che quella dell’indotto nonché la continuità del gettito fiscale regionale.
Un’azione di “disturbo” che nasce da destra e dintorni a un anno e poco più dalle elezioni comunali, in un’operazione che (al di fuori della procedura giudiziaria per il concordato preventivo, affidata dal Tribunale al commissario Maurizio Consoli) è in mano al Pd, Serracchiani in testa, e al cosiddetto sistema delle cooperative “rosse”? O una mera mossa tecnica senza dietrologie politiche, suggerita dall’effettiva esistenza di uno o più soggetti imprenditoriali di casa pronti a inserirsi nel salvataggio delle Coop operaie? Ai posteri l’ardua sentenza. Quel che già è certo è che il sasso preso a metafora ieri da Paoletti, per spiegare a voce un comunicato di Confcommercio, più che in uno stagno finisce in un fiume. Controcorrente, dunque.
«La salvaguardia dei posti di lavoro e dei prestiti dei soci sono priorità indiscutibili - così dice lo stesso Paoletti in tale comunicato - ma altrettante attenzione e tutele sono dovute alle imprese dell’indotto che l’attuale situazione ha messo in serie difficoltà. Sia chiaro che comprendiamo bene sia l’amarezza dei 17mila soci prestatori, ma anche consumatori, per i quali al momento non c’è certezza sulla restituzione totale dei loro risparmi, sia le preoccupazione dei lavoratori per la prospettata chiusura di vari punti vendita. Tuttavia, non devono passare in secondo piano pure altri aspetti di questa dolorosa vicenda che, in assenza di soluzioni adeguate, potrebbero significare, per il nostro territorio, ricadute fortemente negative e di vasta portata».
«Le Coop operaie - insiste Paoletti nel comunicato - sono state un partner commerciale per un ampio indotto costituito, fra fornitori di merci e servizi, da decine e decine di aziende locali, per un volume d’affari complessivo di circa 20 milioni di euro annui. Si tratta di una situazione molto delicata, specie nell’attuale contesto congiunturale dove la mancanza di liquidità, per ogni azienda, è un problema non da poco. Ma lo è soprattutto per le piccole imprese creditrici, per le quali un insoluto di alcune decine di migliaia di euro, può tradursi in un effetto domino tale da determinare un tracollo aziendale e, di riflesso, nuove emergenze occupazionali. Fondamentale perciò è che un’azione istituzionale di supporto tenga conto e soprattutto si adoperi per dare garanzie concrete alle imprese coinvolte, loro malgrado, in una situazione di marcata esposizione finanziaria».
«Sarebbe perciò auspicabile - arriva al sodo Paoletti - un passaggio aziendale che veda il subentro di unico soggetto del territorio, in grado di dare continuità e rinnovato valore al patrimonio delle Coop operaie. Inoltre, in caso di cessione a marchi con sede in ambito non locale, non vanno scordate le conseguenti perdite che deriverebbero in termini di gettito fiscale ed Iva. È una realtà, quella delle Coop operaie, che è stata un punto di riferimento, sin dalla nascita nel lontano 1903, per generazioni di consumatori, anche perchè ha saputo garantire al proprio brand un’identità triestina ben riconoscibile nell’ambito di un’offerta commerciale nella quale hanno trovato spazio anche i prodotti tipici ed il meglio della produzione locale».
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