Coop Operaie, salvi 528 addetti, “cassa” per 53 esuberi

TRIESTE Dietro ai numeri ci sono persone, famiglie, cervelli che ragionano, cuori che soffrono e portafogli che si svuotano. Anche la perdita d’un solo posto di lavoro (a meno che non sia volontaria perché magari nel frattempo sono capitate delle alternative) è dunque una sconfitta. Anche un solo posto che scompare, perché se ne va un vecchio e un giovane non gli subentra, lo è altrettanto.
È pero innegabile che il risultato finale dello spezzatino delle Coop operaie (non proprio finale, ancora, in realtà: eventuali limature peraltro potrebbero ulteriormente limitare i danni) costituisca a livello occupazionale una sconfitta relativa, specie se si ripensa alle prime ipotesi dello scorso autunno.
Certo, non si può nemmeno nascondere sotto il tappeto lo scontato e non ancora quantificabile contraccolpo nell’indotto. Le stime che però si rincorrono e si correggono continuamente in queste ore di trattative e pre-accordi tra i nuovi “players” e i sindacati davanti all’avvocato Maurizio Consoli nel suo ruolo di amministratore giudiziario (in vista della decisiva udienza di lunedì in cui il Tribunale omologherà il suo piano di concordato preventivo dando il via alla liquidazione) danno al momento un totale di 53 esuberi tra i dipendenti, di cui una trentina purtroppo a Trieste, concentrata tra gli amministrativi del Centro direzionale di via Caboto perché tutti i contratti in essere nella rete commerciale sono stati salvati. Il resto è spalmato tra Bassa Friulana e Destra Tagliamento.
È sostanzialmente la metà di quanto pronosticava lo stesso Consoli lo scorso inverno e un quarto delle cifre che venivano paventate sottovoce ai più alti gradi della politica locale dopo il commissariamento. Siamo insomma nell’ordine dell’8% rispetto alla pianta organica che c’era a ottobre al momento dell’intervento della magistratura (651 dipendenti) e dell’8,5% rispetto a quella che c’è oggi, fatta di 626 dipendenti perché in questi otto mesi si sono contate 25 uscite tra contratti a termine non rinnovati, pensionamenti, dimissioni volontarie e pure due benserviti pesanti, quelli dei top manager Pier Paolo Della Valle e Angelo La Rocca.

Da queste 626 posizioni - al di là dei 53 esuberi, per cui sono già state attivate le procedure burocratiche per l’accesso agli ammortizzatori sociali, che prevedono un primo anno di cassa integrazione straordinaria e un secondo di assegni di mobilità - ne vanno tolte altre 45. Corrispondono a quelli che, in concomitanza con gli imminenti passaggi di proprietà dei punti vendita, a loro volta avranno maturato i requisiti per la pensione o avranno dato le dimissioni, in parte proprio per imbarcarsi nell’avventura da autoimprenditori, il che riguarda chi ha chiesto e ottenuto la possibilità di acquisire i rami d’azienda dei negozi più piccoli.
Il saldo dà 528 cosiddetti subentri di altrettanti dipendenti che saranno “comprati” insieme ai supermercati in cui già lavorano: 41 finiranno alle catene locali o agli stessi autoimprenditori mentre tutti gli altri andranno alle dipendenze dei tre colossi della grande distribuzione che si sono spartiti il patrimonio delle Operaie: 284 sono promessi alle Coop Nordest, 103 all’Aspiag Despar (che prevede una decina di assunzioni in più) e 100 al sistema Conad. Tutto perfetto allora? Non proprio. Copn lo spezzatino viene meno la parità contrattuale. C’è chi starà meglio o per lo meno lavorerà a condizioni molto vicine a quelle di prima, come i futuri dipendenti delle Nordest, e chi ci rimetterà di più a livello di integrativo aziendale e sacrifici orari, come i colleghi destinati a Conad.
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