Coop Operaie, 70 impiegati rischiano la mobilità

In bilico i dipendenti del Centro direzionale di via Caboto: personale non più necessario dopo la vendita ad altri gruppi
L'interno di un supermercato Coop
L'interno di un supermercato Coop

Un conto è sentirsi vittima designata dentro di sé, sull’altare del “salvataggio” delle Coop, sperando intimamente di continuare sbagliare. Un altro è sentirselo prefigurare dal di fuori, assaggiando così il rischio di farsi sfuggire di mano quella speranza covata a lungo in silenzio. Per la settantina di dipendenti tecnico-amministrativi del Centro direzionale delle Coop operaie di via Caboto, in effetti, inizia a farsi largo (benché si tratti per intanto di un’ipotesi non suffragata da pezzi di carta o conferme ufficiali, e che auspicabilmente potrebbe pure essere smentita dai fatti che verranno nei prossimi mesi, come è stato fatto notare ieri in ambienti Coop) la temuta quanto agghiacciante prospettiva della perdita del proprio posto di lavoro.

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Una prospettiva sollevata in una nota politica dall’ex assessore del Dipiazza-bis Claudio Giacomelli, oggi all’opposizione da consigliere comunale di Fratelli d’Italia, e veicolata in questo caso (e va ribadito per il momento, in attesa che il futuro delle Coop si chiarisca) dalla peggiore delle terminologie tecnico-giuridiche: mobilità, ovvero licenziamento, con due anni di assegni Inps a scalare da un massimo dell’80% dello stipendio a meno del 60%, senza appigli di reintegro. In un’impresa fondata sui supermercati, sull’orlo del baratro, e appena messa in vendita a pezzi dal suo commissario nominato dal Tribunale, è banalmente immaginabile, d’altronde, che il personale più in bilico possa essere rappresentato, prima ancora che da quello in forze appunto nei supermercati, da quello impiegato nella regia. Nella “testa” amministrativa, destinata a essere surrogata dalla “testa” di chi compra i supermercati. Non è automatico, per metterci un eufemismo, che un’azienda in crisi diventi bicefala.

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Meno pronosticabile, tuttavia, era che, tra le opzioni, uscisse ora la terminologia più preoccupante, mobilità, anziché per esempio cassa integrazione, se è vero che è da mesi che la Regione promette che farà, come si suol dire, la propria parte. E la parte che le compete è l’individuazione delle risorse per consentire alla fine agli esuberi (un centinaio sugli attuali 650 dipendenti, e magari anche meno, come ha confidato di poter riuscire a fare lo stesso avvocato Maurizio Consoli in veste di commissario Coop) di accedere agli ammortizzatori sociali. Vero è anche, dato il carattere di amministrazione giudiziaria in vigore alle Coop, che la Regione formalmente deve restare alla finestra, prima di muoversi, in quanto non può essere ufficialmente al corrente delle trattative.

Ma da dove piomba il fulmine a cielo già plumbeo? I dietro le quinte raccontano che l’altro giorno, proprio al Centro direzionale, e in presenza di una quarantina di persone, uno dei consulenti che affiancano Consoli per la preparazione del concordato preventivo (che sarà depositato in Tribunale al più tardi entro metà marzo), ha evocato appunto la possibilità di una messa in mobilità, in estate, di chi lavora in quel Centro. Non è un mistero, dopotutto, che gli acquirenti che si sono fatti avanti fino ad oggi, Coop Nordest e Conad, hanno i loro centri direzionali, da cui potrebbero gestire i negozi che hanno in mente di comperare. Le Nordest, in particolare, ne hanno già uno - baricentrico in un’ottica di “area vasta” - a Pordenone.

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Va puntualizzato, a scanso di equivoci, che non è dato sapere in quale contesto il consulente abbia proferito la parola mobilità, sull’episodio impera il massimo riserbo. Potrebbe essere che sia uscita ad esempio a una precisa domanda su quale è l’eventualità peggiore tra quelle possibili, in una nefasta congiuntura astrale in cui la Regione non facesse la sua parte e in cui il piano di vendita di immobili e rami d’azienda bandito di recente portasse a risultati sotto le aspettative date dalle trattative in corso. Oltre a ciò, non si deve neanche trascurare il fatto che per qualcuno, prossimo alla pensione, la mobilità potrebbe non essere uno svantaggio, e che qualche “pensionando” che lavora in un supermercato potrebbe semmai lasciare il posto a un collega tecnico-amministrativo del Centro direzionale troppo lontano dai requisiti per la quiescenza. Siamo nel pieno campo delle ipotesi, che si coagulano attorno alla nota politica di Giacomelli: «Mi è stata indirizzata una segnalazione che per il personale tecnico-amministrativo di Coop operaie si aprirebbe la prospettiva della mobilità da giugno, luglio. Sono dipendenti di cui poco si è parlato sino ad oggi ma si tratta di ben 70 persone e quindi 70 famiglie triestine. Parrebbe che i potenziali acquirenti siano già coperti da un punto di vista del personale tecnico-amministrativo in altre città e che quindi non siano interessati ad assorbire i dipendenti triestini. Confido in una pronta smentita di questa ipotesi.Mi domando se sindaco e presidente della Regione si stiano muovendo anche per queste persone di cui tutti paiono essersi dimenticati».

L’uscita allo scoperto di Giacomelli non viene smentita, né tantomeno confermata. In Coop, è quanto trapela dagli uffici commissariali, il tema della mobilità non è all’ordine del giorno né per il personale del Centro direzionale né per nessun altro, i tempi sono assolutamente prematuri per discuterne e il lavoro resta puntato verso il raggiungimento della massima tutela dell’occupazione possibile, senza distinzioni tra dipendenti di seria A e serie B.

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