Coop, in 300 dall’avvocato per riavere i soldi
È da tre giorni che, in una saletta al primo piano del Savoia, c’è un viavai di soci Coop che parlano, ascoltano e infine decidono se firmare o meno una carta e pagare 126 euro. Finora l’hanno fatto in trecento. È la carta con cui si dà mandato a uno studio legale di Bologna di farsi rappresentare da subito davanti al commissario giudiziario Maurizio Consoli, prima che lui presenti al Tribunale l’istanza di concordato preventivo. L’obiettivo dei firmatari è, in sostanza, tentare di riavere quanto prima quanti più soldi possibili (a cominciare ad esempio dal 30% del deposito garantito dalla fideiussione di legge) o per lo meno far sentire la propria presenza sentendosi a propria volta con le spalle coperte. La raccolta di adesioni al Savoia, iniziata domenica in scia a un tam-tam cresciuto attorno al profilo Fb del Comitato tutela soci Coop, doveva finire ieri, dovrebbe invece proseguire fino a venerdì.
Non chiamatela, però, class action. Giuridicamente non lo può essere. Non ancora, almeno. Siamo però in presenza di qualcuno - in questo caso di qualcosa, dato che si tratta appunto di uno studio legale di Bologna, qui rappresentato da un avvocato triestino, la cui mamma è tra i prestatori sociali delle Operaie - che si propone di difendere i diritti, per intanto «in via stragiudiziale», quindi prima di finire eventualmente in causa, di quanti più soci Coop possibili, tra i 17mila creditori in attesa di rientrare in possesso della liquidità dei loro libretti di prestito sociale, il cui montante da 103 milioni risulta come è noto congelato dal commissariamento giudiziario del 17 ottobre.
«L’incarico verterà nello studio dei documenti relativi alla Sua pretesa creditoria, anche con riferimento alla garanzia fideiussoria rilasciata da Banca Generali, nel monitoraggio della procedura e nell’esame della proposta concordataria rispetto ai Suoi interessi», così si legge nella carta sottoposta agli interessati, che prescrive che «il compenso per l’attività professionale svolta sarà determinato in 100 euro più Cpa 4% e Iva 22%, da versare contestualmente al conferimento dell’incarico professionale». «Nel caso in cui la pratica dovesse sfociare in una controversia di carattere giudiziale - continua la carta - Le confermiamo sin d’ora la nostra disponibilità ad assisterLa e patrocinarLa innanzi ai competenti organi giurisdizionali. In tal caso ci riserviamo di farLe avere un preventivo dei nostri compensi e delle spese connesse».
Lo studio legale che s’è mosso da Bologna è quello che fa capo al professor Alberto Maffei Alberti, uno dei maggiori esperti di legge fallimentare, che ne ha contribuito alla riforma e di cui è autore del commentario. Sbirciando internet si capisce come il suo curriculum sia straordinario, ma su internet purtroppo c’è di tutto, e dunque pure l’accenno a una condanna a dieci mesi con la condizionale patita di recente in primo grado per dichiarazioni infedeli quand’era presidente del Cda di una banca. È questa una delle obiezioni che s’è sentita muovere in questi giorni l’avvocato Donatella Cerqueni, triestina che lavora con lo studio Maffei Alberti, a capo del team a disposizione della gente al Savoia. L’avvocato Cerqueni ci tiene sia chiaro che «il Comitato tutela soci Coop non ci ha conferito alcun incarico. Un socio può rivolgersi a un qualsiasi legale di fiducia se lo ritiene. Lo studio mette semplicemente a disposizione le proprie specifiche competenze». E a testimonianza della buona fede l’avvocato Cerqueni ammette come sua madre sia tra quelli che, il 18 ottobre, hanno pianto leggendo che i soldi dei libretti Coop erano stati bloccati: «I cento euro - aggiunge - sono un prezzo fatto dal professore, che non vuole che l’interesse delle persone sia precluso da ragioni economiche. Tra tasse, spese e previdenza non ci paghiamo neanche tutte le fotocopie». Ma perché adesso e non dopo il concordato? «L’idea - spiega Cerqueni - è poter seguire per conto dei creditori l’attuale procedura verso il concordato, al fine di tutelare il loro credito già in questa fase e non a vendita degli asset già chiusa. Vorremmo dunque dialogare prima con il commissario giudiziario, ma per farlo dobbiamo avere un mandato formale. Solo così possiamo avere titolo a chiedere di acquisire ed esaminare i documenti del caso».
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