«Coop a un’unica cordata, se Paoletti ha un nome lo faccia»

Cosolini: «Parla a 4 mesi dal via all’iter. Magari ci fosse un soggetto triestino pronto a farsi avanti, ma se così non è si crea confusione e fibrillazione»
Un supermercato Coop
Un supermercato Coop

L’Autorità portuale, e con essa il Porto Vecchio, Ttp e le crociere. Poi i monomarca, giusto per dirne un’altra. E adesso anche la crisi delle Coop operaie. Alla faccia dell’inflazionatissimo “fare squadra tra le istituzioni”, torna ad allargarsi pubblicamente la forbice tra la dottrina del capo della Trieste economica e quella del capo della Trieste politica. Al secolo il presidente della Camera di Commercio da una parte e il sindaco dall’altra. A 24 ore dalla dirompente presa di posizione di Antonio Paoletti che, da numero uno di Confcommercio, ha auspicato l’appalesarsi di un’unica cordata locale interessata a comprare tutto, per evitare lo “spezzatino” e salvare in un colpo solo pure triestinità, indotto e fiscalità regionale (scuotendo così l’inerzia di un iter di salvataggio fondato sulla messa in vendita a mo’ di liquidazione di immobili ed asset aziendali da parte del commissario Maurizio Consoli con l’ok del Tribunale) Roberto Cosolini “invita” infatti il primo inquilino di piazza della Borsa a scoprire le sue carte. Se le ha. O, altrimenti, a tacere.

«Magari», esordisce il sindaco al che gli si chiede se fosse effettivamente meglio se le Coop triestine finissero nelle disponibilità di un soggetto triestino anziché diventare proprietà di più gruppi della grande distribuzione per giunta “forestieri” (non è un mistero che in prima fila ci siano Conad e soprattutto Coop Nordest, locomotiva del cosiddetto sistema delle cooperative “rosse”, col placet politico del Pd ai più alti livelli regionali). Il fatto è che non ci crede, il sindaco. «L’auspicio espresso dal presidente della Camera di Commercio che possa intervenire una società triestina è assolutamente condivisibile - rileva Cosolini - però prima di esprimerlo bisognerebbe avere in mano degli elementi che, allo stato attuale, non credo ci siano. Se il presidente Paoletti li ha allora li condivida, ma mi pare che lui stesso ammetta nelle proprie dichiarazioni di non averli, di esprimere cioè solo ed esclusivamente un auspicio, appunto, e nulla più».

Coop, Paoletti: «Meglio una sola cordata triestina»
Antonio Paoletti

Gusti politici a parte, il sindaco vede però la ricetta Paoletti «difficilmente percorribile pure da un punto di vista squisitamente tecnico: l’amministratore giudiziale (l’avvocato ed ex assessore comunale Consoli in questo caso, ndr) ritengo che difficilmente può mettere in vendita un’azienda cooperativa come le Operaie nella sua completezza, come entità a sé stante, in quanto essa è se vogliamo una specie di proprietà diffusa, nel senso che sulla carta appartiene ai soci (al di là dei 17mila prestatori in attesa di riavere i soldi se ne contano 110mila, ndr). L’amministratore giudiziale, insomma, penso non possa mettere in vendita una cooperativa e il suo insieme di soci. Semmai i suoi beni, come effettivamente sta succedendo. E il suo obbligo, nell’ambito della procedura giudiziale, è “realizzare” il più possibile, scevro da sentimentalismi».

La conclusione di Cosolini, in ogni caso, torna politica. E polemica: «Voglio immaginare che il presidente di Confcommercio, il quale è pure presidente della Camera di Commercio e dunque dell’istituzione economica della città, se dice una cosa di questo tipo a quattro mesi dal via della procedura giudiziaria (poco meno, il commissariamento delle Coop da parte del Tribunale su richiesta dei pm Federico Frezza e Matteo Tripani data 17 ottobre, ndr) possa a stretto giro riferirla nei dettagli allo stesso amministratore giudiziale. Fosse vero, in ballo ci sarebbero decine e decine di milioni d’investimento da parte di un’impresa triestina. Fosse invece solo un auspicio, come detto, beh... allora questo rischia di essere fonte di confusione e fibrillazione tra creditori e lavoratori. E io, ad oggi, non ho sentito un solo operatore del settore che possa avere la forza di cimentarsi in un’impresa del genere».

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