Contratto Fincantieri: trattative in alto mare
TRIESTE. Trattative in alto mare, su Fincantieri si alzano (divise) le bandiere dello sciopero. Nel giorno in cui a Marghera partono i lavori per la Seabourn Encore, la prima delle due navi da crociera extra-lusso, che la società triestina realizzerà per il gruppo Carnival, si arenano i negoziati con le parti sociali per il rinnovo del contratto integrativo. Il secondo round di colloqui, che si è tenuto ieri a Roma, si è concluso con un nulla di fatto. La mancata intesa era nell’aria. E i tempi per il raggiungimento di un accordo rischiano di essere lunghi. Il prossimo tavolo di incontro si terrà l’11 maggio. In questo mese di interregno – a contratto scaduto e non prorogato – gli operai incroceranno le braccia per alcune ore e a più riprese. Starà alle Rsu dei singoli impianti decidere il come e il quando. È stabilita invece dalle piattaforme sindacali nazionali il monte ore di scioperi: saranno 10 per Fim e Uilm, mentre due in più, quindi 12 (uno scarto che ha provocato irritazioni da entrambe le parti) per gli iscritti Fiom.
Del resto, il braccio di ferro tra la società e i metalmeccanici della Cgil sta scatenando scintille che ricordano gli scontri in casa Fiat all’inizio del duello Marchionne-Landini, sconfinando in un’arena più politica che industriale. Da una parte, oggi, c’è l’amministratore delegato Giuseppe Bono, che ha abbandonato il tradizionale profilo low profile per indossare quello del rinnovatore delle relazioni industriali: premi salariali non distribuiti a pioggia ma a seconda dei risultati, flessibilità anche in deroga al contratto nazionale. Misure di riduzioni di costi necessarie per la competitività, condite dalle polemiche per l’idea del microchip negli scarponi degli operai, rammentate poi dall’Ad con frasi di marchionesca memoria «altrimenti tanto vale produrre altrove»; proprio per evitare, come accaduto recentemente, che una commessa di manutenzione, scappi via da Palermo, per finire a Malta, perché il cantiere procede a singhiozzo a causa degli scioperi.
Dall’altra c’è ancora una volta Maurizio Landini che nello scontro in Fincantieri sembra aver trovato una trincea “adeguata”, società al 30% pubblica e quotata in Borsa, dove far debuttare le istanze del suo nuovo soggetto politico Coesione Sociale. È proprio questo sapore di politica, con Matteo Salvini che si schiera a fianco della Fiom, che preoccupa non poco le altre sigle confederali, inclusa la Cgil. Perché l’azienda, dopo anni di crisi, sta attraversando un momento felice: ordini che fioccano da tutte le parti mentre crescono le ipotesi di acquisizioni per rafforzarsi sulla scena internazionale. Le piattaforme presentate al tavolo dei negoziati dalle parti sociali non sono distanti anni luce. Tranne per due punti proposti dall’azienda che sono irricevibili per la Fiom: l’esigibilità dei contratti (una volta firmata un’intesa non si potrà più cambiare le carte in tavola utilizzando con l’arma dello sciopero) e il monte ore di permessi sindacali. «Ci hanno accusato di voler accordi separati, ma alla fine, come tutti hanno potuto constatare, ci siamo tutti seduti allo stesso tavolo», commenta Michele Zanocco, responsabile di Fim per Fincantieri. «Per noi non esistono questioni inaccettabili, ogni aspetto va discusso perché qui è in gioco una delle ultime grandi realtà industriali italiane».
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