Conto bloccato e beni pignorati causa omonimia
POLA.
Ha vissuto più di una settimana da incubo per una vicenda di omonimia (a dire il vero solo il cognome risulta uguale): un cittadino si è visto bloccare il conto in banca in quanto l'agenzia finanziaria Fina aveva fatto scattare il pignoramento dei suoi beni, causa un debito - non suo - di 85.500 euro. Alla fine l'equivoco si è risolto e l'agenzia si è scusata per l'errore: nessun risarcimento però per la crisi di nervi e le notti insonni.
Della vicenda hanno scritto alcuni media in Croazia. L'uomo ha raccontato di essersi recato in banca per verificare il versamento di un bonifico sul suo conto per alcune centinaia di euro. Invece «l'impiegata mi ha spiegato che il conto era bloccato causa un pignoramento. Mi sono subito recato alla Fina per chiedere delucidazioni - ha raccontato l’uomo - ed è emerso che mi avevano confuso con un'altra persona con lo stesso cognome - nel frattempo deceduta - che aveva un debito di 85.500 euro nei confronti di un'azienda turistica. E stranamente le mie centinaia di euro erano state versate sul conto dell'Istituto nazionale per la previdenza sanitaria, di cui francamente non ho capito quale fosse il ruolo nella tormentata vicenda». Scoperto il malinteso, l’uomo anziché vedersi sbloccato il conto ha avuto - sempre a suo dire - un’altra sorpresa: «Per questa operazione inizialmente mi hanno chiesto 60 euro, scesi a 24 dopo le mie proteste. Mi sono rifiutato di pagare in quanto l'errore non era mio ma di qualche zelante impiegato che non si era preoccupato di verificare né il mio nome di battesimo né il codice di identificazione personale (qualcosa di simile alla partita Iva italiana, ndr)».
La stampa croata ha voluto sentire anche la versione della vicenda fornita dalla Fina. Il direttore della filiale di Pola Ivan Bubic ha invitato il giornalista del Glas Istre a rivolgersi all'ufficio pubbliche relazioni della centrale di Zagabria. Ha risposto invece lo specialista del settore tecnologico dicendo di non essere in grado, in base ai dati forniti, di verificare l'operato della Fina. Non solo: ha chiesto al giornalista di mandargli il codice d'identificazione personale del cittadino danneggiato e il numero dell'incartamento. Poi come detto, sono arrivate le scuse e il tutto si è risolto. (p.r.)
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