Conte oggi sale al Colle per le dimissioni. Il reincarico traballa
ROMA Basta riavvolgere il filmato della giornata di ieri per capire quanto sia stata sofferta, per Giuseppe Conte, la decisione di annunciare le proprie dimissioni da premier. Non si fidava, e non si fida, il presidente del Consiglio dei tanti inviti a fermarsi prima dello schianto arrivati nelle ultime 48 ore anche da Pd e M5s. Lo dimostrano le parole che – di prima mattina – pronuncia Goffredo Bettini, dirigente Pd, consigliere di Nicola Zingretti ma anche voce molto ascoltata a Palazzo Chigi: in Tv, su La7, Bettini parla ancora di un possibile tentativo di mediazione per evitare che il voto sulla relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede diventi l’iceberg che fa colare a picco la nave del governo. «La cosa che noi consigliamo a Bonafede, e ci stiamo lavorando, è che apra a un ragionamento sui grandi temi andando incontro alle sensibilità del Pd ma anche di Renzi». E al tempo stesso, aggiunge, «Renzi cominci in parlamento a dare qualche segnale».
Parole che sorprendono anche buona parte del Pd, sicuramente la squadra di governo guidata da Dario Franceschini, e persino lo stesso Movimento 5 stelle, ormai convinto che i margini per evitare il naufragio, andando in Parlamento, non ci sono più. I “responsabili”, o “costruttori” se si preferisce, non ci sono. I 12-14 senatori in arrivo di cui parlano gli uomini del premier non si vedono, anzi. Proprio mentre parla Bettini l’Udc riunisce i suoi parlamentari – in cima alla lista dei possibili rinforzi secondo palazzo Chigi – e le notizie che arrivano non sono affatto buone per il premier: «L’Udc rimane fuori dai giochi dei “responsabili” – fanno sapere alla fine –. I tre senatori dello Scudo crociato hanno votato all’unanimità no alla fiducia del Governo e voteranno, in maniera compatta, no alla relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede».
È quello che era già chiaro da almeno due-tre giorni sia al Pd che ai 5 stelle e per questo già durante il fine settimana il capodelegazione dei democratici al governo Franceschini aveva cominciato a lavorare per creare il terreno per un armistizio, un cessate il fuoco che evitasse appunto la caduta del governo in Parlamento. Una soluzione che poi, difficilmente, avrebbe permesso di recuperare la situazione. Conte teme che una volta date le dimissioni si metta in moto un meccanismo difficilmente gestibile, ha paura che Matteo Renzi ponga veti e faccia balenare altri nomi come possibili premier.
Nei rumors impazziti del palazzo girano i nomi dello stesso Franceschini, di Lorenzo Guerini, di Luigi Di Maio. Il premier chiede rassicurazioni e Nicola Zingaretti le offre pubblicamente: «Conte è il punto di equilibrio più avanzato – dice alla radio – ha preso la fiducia quattro giorni fa, sfido chiunque ad alzare il livello...». Se si rischiano le elezioni, aggiunge, è colpa di Renzi che ha aperto la crisi, ma ora «il Pd sta lavorando per garantire, sulla base di un programma, un governo che deve essere autorevole, su una base parlamentare ampia e su una base europeista».
Lo stesso fa M5s, con i capigruppo in parlamento Davide Crippa e Ettore Licheri: «Il passaggio per il cosiddetto Conte ter è ormai inevitabile ed è l’unico sbocco di questa crisi scellerata». E anche Leu si fa sentire con Roberto Speranza: «Giuseppe Conte è la persona giusta per guidare il Paese in una fase cosi’difficile. Sono al suo fianco». Persino Iv fa filtrare che al momento delle consultazioni al Quirinale «non ci saranno veti e preclusioni», ovviamente a patto che Conte non ne ponga verso i renziani.
Il Pd riunisce i suoi ministri, quelli di M5s fanno il punto con Crimi, tutti lavorano per una crisi pilotata. A metà pomeriggio filtra che Conte potrebbe salire al Colle già in serata, dopo il consiglio dei ministri ma poi viene tutto rinviato a oggi. Il premier però annuncia ufficialmente che stamattina riunirà il governo e poi andrà al Quirinale per le dimissioni. Che, nei piani del premier, dovrebbero rapidamente portare a un “Conte ter”, allargato sì a Iv ma forte anche del sostegno di un nuovo gruppo di “costruttori”, che a Palazzo Chigi sono ancora convinti di poter far nascere già nelle prossime ore. Di sicuro, i veri giochi cominciano ora. –
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